domenica 19 dicembre 2010


Il compagno animalista anarchico Paolo Friz ci ha lasciati.
http://www.pugliantagonista.it/archivio/paolo_friz.htm

Nella prima mattinata è arrivata la notizia della morte di Paolo Friz , 53 anni, lasciando tutti noi addolorati.
Paolo era ricoverato in una struttura sanitaria di Ceglie Messapica da quasi un anno, dopo il terribile incidente automobilistico che nell’agosto del 2009 lo aveva visto coinvolto.
Nonostante le condizioni gravissime, che sin dal primo momento avevano fatto pensare al peggio, il suo fisico da ex-atleta della pallacanestro e la sua indomabile voglia di vivere, ci avevano dato più di una speranza di rivederlo di nuovo tra noi e ritornare alla sua passione di vita: l’accudire, il curare gli animali.
La sua scelta di divenire veterinario , sin da giovane si era accompagnata a quella dell’identificarsi nei valori più puri e coerenti dell’Anarchia: giunto a Brindisi, giovanissimo, promessa del basket, divenne collaboratore , sostenitore e redattore di una originale rivista antimilitarista , gravitante nell’area anarchica , SENZAPATRIA, (http://www.pugliantagonista.it/archivio/senzapatria_anarres.htm ) che per circa vent’anni fu un punto di riferimento del dibattito e delle lotte per l’obiezione totale agli eserciti, contro tutte le guerre, per un mondo senza oppressi ed oppressori.
Una rivista la cui redazione itinerante giunse nel 1991 a Lecce e vide un gruppo di obbiettori antimilitaristi, anarchici, animalisti immettere le tematiche del territorio pugliese e quelle della militarizzazione delle coscienze e dei territori, nel contesto generale ed internazionale delle lotte pacifiste mondiali riprese in occasione della Guerra del Golfo.
Anche dopo lo scioglimento della rivista , con parte della redazione leccese che andò a fondare la comunità libertaria di Urupia in provincia di Brindisi, l’impegno di Paolo Fitz proseguì in altro modo, partecipando alle sottoscrizioni in favore dei prigionieri politici, alla pubblicista anarchica e animalista , e partecipando nelle sue possibilità e nei limiti di tempo lasciatigli dal suo lavoro di veterinario e da quelli familiari, alle lotte sociali ed ambientali sul territorio brindisino ,nonostante una malattia che lo avesse colpito al sistema motorio-nervoso negli ultimi anni.
Lo avevamo visto partecipare così alle biciclettate dei primi critical mass del gruppo del No al Carbone, come anche alle tante manifestazioni contro il Rigassificatore a Brindisi.
Ma Paolo, la sua voglia di essere al servizio di chi soffre, l’ha espressa sino all’ultimo nell’amore per gli animali e quell’incidente maledetto che gli accorciato la vita, lo ha avuto durante uno dei suoi tragitti lavorativi che lo portavano a girare per la provincia, dividendosi tra gli ambulatori dove prestava servizio, ma anche raggiungendo masserie isolate dove si richiedeva la sua opera.
Sapere di aver a disposizione Paolo era una sicurezza per tutti coloro che amavano gli animali a Brindisi: imbattersi in un gatto, un cane o altro animale ferito o abbandonato per strada in cattive condizioni, per tutti noi era naturale prenderlo in braccio e correre da Paolo. Molto spesso la sua prestazione era gratuita e il vedere tornare il sorriso al soccorritore e il muto ringraziamento negli occhi dell’animale ferito era per lui più che sufficiente.
Il nostro augurio oggi è che Paolo ci abbia lasciati perché chiamato a prestare la sua opera da qualche parte in Cielo , nel Paradiso degli esseri liberi , affinchè si prenda cura dei tanti amici a quattro zampe che spesso ci danno lezioni di vero amore e solidarietà a noi, presuntuosi umani che vorremmo la Terra e gli Dei a nostra immagine e somiglianza.
Ti immaginiamo così, Paolo, in camice bianco,nel tuo studio con le pareti tappezzate di manifesti contro la caccia , contro la vivisezione, per il sabotaggio a tutte le strutture carcerarie di uomini ed animali, con il tuo sorriso pronto ad accogliere chi ha bisogno di te.

Ciao Paolo un saluto da tutti noi, a pugno chiuso

Per la redazione di Pugliantagonista.it
Brindisi19 dicembre 2010

giovedì 9 dicembre 2010













Quell’8 dicembre del 1977 quando Brindisi corse il rischiò di essere distrutta dal rogo del Petrolchimico….rileggendo le pagine del Quotidiano di 31 anni fa

http://www.pugliantagonista.it/archivio/p2t_scoppio_77.htm
Articolo apparso in forma ridotta sul Quotidiano di Brindisi 9 dic 2010

Non è per semplice ritualità ricordare fatti terribili come quello che avvenne l’8 dicembre del 1977, quando a Brindisi , a perite in un disastroso incendio , a seguito dello scoppio del reparto di cracking dell’etilene , furono tre operai , mentre 52 furono gravemente feriti e oltre un centinaio furono gli intossicati tra lavoratori e soccorritori.
Quella pagina di storia industriale brindisina va tenuta ben viva, come vivi debbono rimanere il ricordo dei nomi dei tre operai caduti sul posto di lavoro,forse in un ultimo disperato tentativo di far intervenire i sistemi di sicurezza.
Si chiamavano Carlo Greco, di Lecce, 47 anni operaio, Giuseppe Marulli 34, di Brindisi, quadrista e il giovane perito chimico Giovanni Palazzotto, 23 anni di Lecce, assunto da poco .
I loro nomi son legati ad un fatto che colpì profondamente l’immaginario collettivo di questa città ma molti altri, tanti, troppi rimangono anonimi: operai e impiegati morti in incidenti sul lavoro o avvelenati lentamente da quell’enorme macchina di produzione di morte, ma anche di prodotti del consumismo avanzato che il Petrolchimico di Brindisi.
Ma forse occorrerebbe ricordare anche le enormi conseguenze in impatto ambientale , in avvelenamento delle acque di falda e quelle marine che si perpetrò negli anni d’oro della chimica , dell’avvelenamento dell’aria che coinvolse l’intera popolazione brindisina e dei territori circostanti a causa di quelle torce fumose eternamente accese, che bruciavano 24 ore su 24 senza fermarsi , scarti di produzione o addirittura tutto ciò che, prodotto di giorno e impossibilitato a stoccarsi o vendersi, veniva bruciato la notte.
Tutto ciò avveniva sotto gli occhi e il naso di tutti e quindi tutti erano complici e consapevoli che questo era lo scotto da pagare affinché Brindisi, terra felix del vino e dell’olio, potesse tramutarsi nella capitale della chimica mondiale?
Rileggendo a 31 anni di distanza il paginone che il Quotidiano di Brindisi dedicò a due anni di distanza dai fatti a quella vicenda ci sarebbe da dire :”- Sì, ad eccezione dei soliti estremisti contestatori ( essendo in quei tempi l’ambientalismo ancora in fasce).”-
Nell’ineguagliabile resoconto che Vittorio Bruno Stamerra fece quel sabato 8 dicembre sulle pagine del Quotidiano si colgono fatti che oggi sarebbero prove evidenti di quando pericoloso avesse potenzialmente quell’impianto costruito a due passi dalla città.
Per venire a capo dell’incendio dovettero intervenire i vigili del fuoco di Brindisi ,Lecce, Taranto, Bari, i marinai del battaglione San Marco, le autopompe della Marina Militare e quelle dell’Aeronautica, ma che nonostante ciò si rischiò che l’intera città fosse devastata.
Si rischiò infatti lo scoppio a catena dell’intero complesso del petrolchimico, quando un momentaneo blackout tecnico bloccò la centrale elettrica che alimentava i sistemi di raffreddamento degli impianti e gas , fumo, e materiali che bruciavano con fiamme alte centinaia di metri non ricaddero sulla città solo grazie alla , allora eterna , “tramontana brindisina” , quella che oggi a causa dei cambiamenti climatici è stata sostituita dallo scirocco, che in analoghe circostanze non ci grazierebbe.
Ma altri fatti curiosi ma significativi si colgono dal resoconto di Vittorio Bruno. Quella notte, accanto a lui vi era il cooordinatore dei servizi di sicurezza della fabbrica, “casualmente” un sindacalista, come sindacalisti furono coloro che corsero in città a far aprire le saracinesche dei grossisti per acquistare ingenti partite di latte da distribuire ai soccorritori, pompieri, militari, lavoratori accorsi dalle loro case per salvare il proprio posto di lavoro.
Latte per difendersi ,( oggi sappiamo inutilmente ), dagli aggressivi chimici inalati durante le fasi di spegnimento, poiché maschere antigas erano insufficienti, inesistenti o inadeguate, insomma una debacle della sicurezza causata da troppi silenzi preventivi o troppe situazioni di comodo che avevano fatto tutti sperare che in quel Petrolchimico non succedesse mai nulla di eccezionale.
Addirittura,in un quadro torbido come raccontava Vittorio, i dirigenti della squadra politica brindisina giunsero ad ipotizzare la possibilità che lo scoppio fosse stato causato da un attentato da parte di qualche gruppo di terroristi in odor di Brigate Rosse, ma fortunatamente nessuno ci credette e sotto sotto, a denti stretti, operai e sindacalisti gli confessarono che si risparmiava sulle manutenzioni . Cosa che denunciò pubblicamente pochi giorni dopo il giornale Lotta Continua ( che a Brindisi aveva come leader Michele Boato), , senza esser mai stata smentita, pubblicando un dossier di Foro Buonaparte con le nuove disposizioni sulla riduzione dei costi della manutenzione.
Quell’8 dicembre decretò il declino di un ciclo storico della chimica brindisina ed italiana, ma fu usato anche come arma di ricatto per un’altra fase complessa della storia della nostra città: quella delle centrali a Carbone.

Nella cronaca di quel Quotidiano del 1979 troviamo ciò che racconta Vittorio Bruno:
”… Nel pomeriggio dell’8 dicembre 1977 il presidente della Montedison Giuseppe Medici annunciò:-Nessun operaio perderà il posto e ricostruiremo l’impianto!-“…
Un'altra offerta affinché la Montedison non fosse messa sotto accusa, che quei silenzi complici perdurassero e che nessuno mettesse in dubbio la validità delle scelte governative ed industriali dell’epoca.
Sappiamo che furono promesse da marinaio:il reparto non fu ricostruito e a Brindisi la parola cassa integrazione e licenziamenti divennero la costante delle vicende sindacali e politiche.

Con questo ricatto si giunse all’arrivo dei padroni del Carbone e dell’Energia e nonostante mobilitazioni ambientaliste e referendum popolari sorse a Sud di Brindisi la megacentrale di Cerano, con le note vicende delle convenzioni mancate o disattese.
Oggi 8 dicembre 2010 possiamo attenderci finalmente che una nuova convenzione possa ristabilire un equo scambio tra esigenze occupazionali e qualità della vita della popolazione brindisina e limitrofa? Possiamo sperare che le inchieste della magistratura riescano a far piegare le esigenze del profitto e della ricerca dell’abbassamento dei costi ai danni che certe lavorazioni industriali producono su di noi e le nostre generazioni future? O al contrario prevarranno le motivazioni con le quali si continua a ipotizzare,a poca distanza dai luoghi di quel disastro, uno dei più grandi rigassificatori d’Europa, mentre ancor oggi quelle torce fumanti regalano spettacoli luminosi, ma non solo, alla città nonostante inchieste giudiziare, sequestri e richieste di adeguamento agli standard ambientali?

ANTONIO CAMUSO
Archivio Storico Benedetto Petrone
Brindisi 8 dicembre 2010