mercoledì 8 ottobre 2014

I 90 anni della Radio in Italia, ricordati attraverso le mie radio d’epoca.


Parte prima
La Telefunken T559



Il 6 ottobre del 1924, iniziò il servizio radiofonico pubblico in Italia. Lo voglio ricordare anch’io quest’avvenimento nelle pagine dell’Archivio Storico Benedetto Petrone, ospitate nel sito di Pugliantagonista.it, e lo voglio fare attraverso le foto delle  tre radio d’epoca  che fanno bella mostra nel mio soggiorno. Non è un caso che ho scelto di conservare questi tre modelli poiché essi mi ricordano alcuni particolari della mia vita e si intrecciano anche a momenti storici del Novecento italiano.
Il primo modello è il Telefunken T559, costruito a Milano dalla succursale della casa tedesca, a cavallo tra il 1938 e il 1939.  Due anni cruciali quelli, in cui c’è la crisi di Monaco e quella cecoslovacca e l’Europa si illude che Hitler, con la sua politica di annessione di territori di lingua germanica, non sia un pericolo per la pace mondiale.
 Chi ha posseduto questa radio quindi potè ascoltare attraverso il suo altoparlante le fasi  cruciali che portarono alla sigla  del patto di acciaio tra Mussolini ed Hitler , lo scatenarsi della seconda guerra mondiale, il coivolgimento dell’Italia ad essa e poi il dramma di una guerra perduta, con i bombardamenti , l’occupazione nazista, la nascita della Resistenza ed infine la Liberazione. Ma non è solo questo il motivo che ho scelto di conservare questa radio,   ma anche per il momento ed il luogo dove l’ho trovata.

Siamo all’aeroporto di Fiumicino, a metà del 1981 e nella fase di trapasso delle strutture militari  a quelle civili  dell’allora nascente azienda autonoma del  controllo del traffico aereo nazionale , oggi ENAV, mi ritrovai poco men che trentenne, ad essere uno dei tecnici civili che presero possesso di un luogo “sui generis”, tra le località che ospitavano apparecchiature di radio assistenza,

Vista la mia esperienza “radiantistica” fui incaricato con un gruppetto di colleghi di iniziare la manutenzione al radiofaro sito  presso l’idroscalo di Ostia e che da qualche giorno era stato abbandonato dai tecnici dell’Aeronautica Militare. I colleghi che già lo avevano ispezionato,  mi anticiparono che sarei rimasto piacevolmente sorpreso del luogo ed infatti fu così: rimasi letteralmente stupefatto.  All’interno di un vasto recinto di alte ed arrugginite reti metalliche,  a cui si accedeva dalla Fiumicino Ostia, attraverso una strada sterrata, tra erbacce e rifiuti,   vi era seminascosta una torre cinquecentesca con accanto un sistema di antenne filari poste  a cerchio.


  Si trattava dell’ NDB di Ostia (OST)  che  con il suo identificativo MORSE era stato il radiofaro utilizzato prima dalla Regia Aeronautica Italiana, poi dai tedeschi dopo l’8 settembre’43, ed infine dagli americani, per poi essere riconsegnato all’AM ed infine dopo la famosa rivolta dei controllori di volo militari, trasferito al nuovo ente del controllo aereo civile AAVTAG. Ho un ricordo vivissimo di quella Torre San Michele, la sua struttura originale,  che poi scoprii era stata addirttura progettata da Michelangelo, che in fatto di architetture militari ne sapeva un bel po! L’ingresso era attraverso una gradinata , un ex ponte levatoio in miniatura ed una porta di accesso sovrastata da un sistema di cascatoie . Da quella porta si accedeva ad una ambiente intermedio in cui ci si ritrovava sotto il tiro di altre feritoie,  a difesa della porta interna , con davanti una botola\trappola. Una volta dentro poi si aveva un sistema di ambienti circolari intorno ad un grande “pozzo –luce dove vi era anche un pozzo per l’acqua.  Entrandovi la sensazione era quella di fare un salto indietro di secoli, e le apparecchiature del Radiofaro ospitate in quegli ambienti sembravano, per la loro vetustà perfettamente a loro agio. Manopole e quadranti luminosi giganteschi, come lo erano poi anche gli chassis , le valvole trasmittenti, così come l’impianto di antenne , dando l’impressione che il tutto fosse un residuo della seconda guerra mondiale. Eppure l’NDB era funzionante anche se bisognevole di una continua manutenzione! Perlustrando gli ambienti mi imbattei in quello che ospitava  i sottufficiali  radio specialisti che avevano avuto in affidamento l’apprecchiatura sino a qualche giorno prima : cataste di televisori sventrati, riviste  e schemari di vecchie radio e tv a valvole facevano comprendere che tra gli uomini in divisa c’era chi si era dilettato alla radiotv riparazione. Continuando l’eplorazione mi calai nel chiostro \ pozzo luce, invaso da edera, erbacce e rottami eletronici e dove alla base di un albero cresciuto in maniera spontanea su cui avevano nidificato una coppia di bellissimi barbagianni, trovai seminascosta una vecchia radio, una Telefunken mod T559.


Quando iniziammo a pulire gli ambienti e venne il momento di gettare la roba inutile , salvai  quella radio dalla demolizione e dopo un’opera di restauro del mobile, con una semplice sostituzione dei condensatori elettrolitici,  del potenziometro del volume su cui era calettato l’interruttore di alimentazione che avevo scoperto difettoso, di una paziente pulizia dei contatti del commutatore di gamma con un bel po’ di alcol isopropilico, la radio, nel mio appartamentino  di Ostia rincominciò a funzionare.


Nelle mie passeggiate intorno al recinto del radiofaro mi imbattei in una specie di lapide, sommersa tra i rifiuti, su un cippo: era quella dedicata a Pier Paolo Pasolini, posta lì sul luogo dove il poeta fu barbaramente assassinato in  quella tragica sera del 1975. Ricordo ancora perfettamente quando una mattina seppi la  notizia della sua morte grazie alla mia radiolina a transistor, modificata,la stessa con la quale avevo ascoltato nell’agosto del 1968, gli ultimi appelli di Radio Praga durante l’invasione russa.  Purtroppo si è dovuto attendere molti anni e l’iniziativa di intellettuali e semplici cittadini affinchè il luogo ospitante  il cippo commemmorativo di Pasolini fosse ripulito, ma ancor oggi proseguono  le azioni di vandalismo contro quel monumento.
Nel frattempo io mi ero trasferito a Brindisi e lo stesso radiofaro, nella versione moderna cambiò residenza mentre  Torre San Michele passò ai Beni culturali e fu restaurata. Di quell’epoca mi rimane questa vecchia cara Telefunken , con il mobile severo, squadrato, dall’interno impolverato, quasi volesse far compagnia ai mie capelli radi ed incanutiti dal tempo ed io rimpiango un epoca in cui il fattore umano, la capacità e l’intuito del riparatore-manutentore rappresentavano il valore aggiunto ai sistemi radioelettronici. Oggi, nell’epoca dello stato supersolido, dove l’intervento  e la ricerca guasti del componente difettoso è scomparsa, sostituita dalla sostituzione  del modulo incriminato, o addirittura del telerilevamento e la possibilità di commutazione automatica\a distanza su apparecchaiture di riserva, la figura del tecnico risulta fortemente ridimensionata. ….Per non sconfortarmi,  quasi  quasi,riaccendo la mia T559,  e  dinanzi alla scala parlanteceh illuminata, magari commutando sulle Onde corte, proverò ad assaporare il gusto di carpire qualche voce proveniente da  migliaia di chilometri, mentre il calore delle valvole si spanderà intorno a me in questo autunno che tra piogge e temporali sembra essere alle porte…


Antonio Camuso

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 7 ottobre 2014

Note: per un’informazione approfondita sui fatti legati alla smilitarizzazione dei controllori di volo consultare il sito:

sabato 4 ottobre 2014

18 luglio 1944, il contributo di Brindisi alla vittoria partigiana di Monte Lavane di 70 anni fa.

18 luglio 1944, il contributo di Brindisi alla vittoria partigiana di Monte Lavane di 70 anni fa.




Ben pochi brindisini sanno del contributo dato dalla loro città alla Resistenza al Nazifascismo. Un vuoto di conoscenza dovuto anche alla segretazione imposta dagli Alleati sui documenti inerenti le attività delle Special Forces operanti dal 1943 al 1945 a Brindisi, nel supporto dei Partigiani .

Solo da una decina di anni quei documenti sono divenuti disponibili ai ricercatori e tra essi scopriamo particolari interessanti sul ruolo avuto dalla Puglia e dalla nostra città nell’aiuto alla guerra partigiana.

18 Luglio 1944 . La vittoria partigiana di Monte Lavane

Quarantasette uomini ed una donna ,Iris Versari, una bella mora, la ventenne fidanzata del mitico capo partigiano Silvio Corbari di Faenza, aspettano in silenzio , sul monte Lavane, nell’Appennino Tosco-emiliano, l’arrivo degli aerei alleati. La tensione è altissima poiché sanno che i tedeschi e i fascisti sono a conoscenza del lancio alleato a causa di un infiltrato, ma quelle armi che stanno per cadere dal cielo sono troppo importanti : ci sono da vendicare i venti compagni persi tra fucilati e deportati del rastrellamento di Tredozio di gennaio e, per questo, nessun rinvio è stato chiesto via radio al Centro brindisino dell’OSS (il servizio segreto USA , l’attuale CIA) .

Un rombo di motori e poi il cielo illuminato dalla luna si riempie di paracadute lanciati dagli Halifax del 1586 squadrone polacco (Special Duty Flight) , di stanza a Brindisi.

Sono 40 quintali di mitragliatrici, mitra Sten, munizioni, bombe a mano, 8 quintali di esplosivo oltre a viveri, medicinali, sigarette. Materiali che sino a poche ore prima erano stoccati nei depositi dei magazzini dell’OSS alla periferia della città di Brindisi e poi, con cura, impilati in lunghi contenitori metallici e in casse blindate, in una catena di montaggio a cui lavorano fianco a fianco operai brindisini, yugoslavi, cechi, ecc sotto la supervisione dei soldati americani.

A terra si lavora in fretta a raccogliere la manna caduta dal cielo, sparsa per un ampia zona. Alle luci dell’alba le pattuglie italotedesche appaiono , ma il partigiano Corbari ha preparato per loro una sorpresa: con una parte dell’esplosivo, appena giunto, ha trasformato un cascinale in una trappola esplosiva che fa strage dei nazifascisti. Per tutto il 18 luglio le Brigate nere e le SS risalgono il crinale del monte attaccando, ma i partigiani di Corbari rispondono dalle loro posizioni utilizzando ampiamente le munizioni appena ricevute da Brindisi.

Alla fine della giornata sono state sparate ottomila cartucce di mitra Sten e seimila di mitragliatrice . Al calar della notte, quando Corbari e i suoi possono finalmente riposarsi, duecento tedeschi e fascisti giacciono morti ed altri centodieci sono feriti. I partigiani caduti sono sei e la bella Iris che ha partecipato allo scontro ha un proiettile in una gamba.

Un’impresa straordinaria che meritò l'elogio del generale Alexander per la banda Corbari trasmesso da radio Londra, qualche giorno dopo e ricordato in un film omonimo del 1970 con Giuliano Gemma. Un successo frutto di un lungo lavoro iniziato molti mesi prima, quando il 16 febbraio 1944, nove italiani divisi in tre squadre , lasciavano il campo di addestramento del servizio Segreto americano OSS di Ostuni e si imbarcavano nel porto di Brindisi sul sommergibile Platino, messo a disposizione dalla Marina Militare Italiana alle operazioni dell’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana).

Tra quelle squadre vi era quella comandata da Antonio Farneti un antifascista che dalla sua Romagna, dopo l’8 settembre, in bicicletta aveva attraversato il fronte e giunto a Bari era stato indirizzato da Tommaso Fiore alla nascente base napoletana di reclutamento di agenti speciali da infiltrare alle spalle dei tedeschi. Nella squadra di Farneti, in codice” Raisin”, vi era l’operatore radio Alberto Grimaldi detto Zanco. E’ lui che, insieme a Farneti, dopo lunghe traversie da film di spionaggio, tra retate naziste e tradimenti di delatori, riesce a raggiungere la Banda Corbari, tra le più audaci nella zona tra Forlì e Faenza . Grazie alla radio di Zanco, che tramette come Zella 1 alla base di Brindisi, si riesce a coordinare il fortunoso lancio di aiuti partigiani che permisero quella vittoria memorabile nella storia della Resistenza Italiana. Una storia che come brindisini possiamo esser fieri di aver contribuito .
 

Purtroppo, la storia di Corbari e della pasionaria partigiana Iris, non terminò nel classico lieto fine a cui la cinematografia ed in particolare quella holliwodiana ci hanno abituato e dobbiamo aggiungere che la loro vicenda ha degli aspetti di cui la Repubblica Italiana “nata dalla Resistenza al Fascismo” ha poco di esser fiera.


Iris, che si era unita nel gennaio 1944 alla banda partigiana di Silvio Corbari, legandosi a lui sentimentalmente, condivise con lui anche una tragica fine. All'alba del 18 agosto 1944, in località Ca' Cornio (frazione di Tredozio), la casa in cui lei e Silvio Corbari si erano temporaneamente rifugiati, assieme ad Arturo Spazzoli e Adriano Casadei (praticamente lo stato maggiore della banda), fu accerchiata dalle truppe nazifasciste, informate da una spia.

Iris, immobilizzata a causa della ferita alla gamba, riportata nella battaglia di Monte Lavane, riuscì ad uccidere il primo milite nazifascista che varcò la porta, ma, vista l'impossibilità di muoversi onde non essere di ostacolo alla fuga dei suoi compagni, si suicidò. Purtroppo il suo sacrificio fu vano, Corbari, Spazzoli e Casadei inseguiti ,vennero catturati e uccisi. I loro quattro corpi furono appesi come monito, prima , sotto i portici di Castrocaro Terme e successivamente ad un lampione in piazza Aurelio Saffi a Forlì.
 

Corbari fu catturato per la soffiata di un delatore, un certo Franco Rossi , ex appartenente alla sua formazione, che presentatosi al comandante della brigata repubblichina «IX settembre», Benito Dazzanigli indicò il luogo dov'era nascosto Corbari. Rossi seguì poi la «IX settembre» in Piemonte e quindi in Germania.

Nel dopoguerra Rossi, assieme alla madre e ad altri imputati, tutti latitanti, fu processato dalla Regia Corte d'assise straordinaria di Forlì con l'accusa di collaborazionismo e di attività spionistica a favore dei nazifascisti e condannato in prima istanza a 18 anni. Nel 1947 la Corte di Cassazione annullò senza rinvio la sentenza poiché nelle more del ricorso era sopraggiunta la famosa Amnistia Togliatti che, in nome della pacificazione nazionale, mandò liberi centinaia di torturatori, delatori e massacratori di civili e partigiani.



Antonio Camuso

Socio ANPI BRINDISI

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 18 luglio 2014

mercoledì 1 ottobre 2014

29sett-1 ott 1944 La vittoria partigiana di monte Battaglia e la strage di Marzabotto

29 settembre -1 ottobre 1944:settanta anni fa la vittoria partigiana di Monte Battaglia e la strage di Marzabotto …quando le armi dei partigiani partite da Brindisi, furono distrutte sotto i cingoli dei carri armati americani… http://www.pugliantagonista.it/archivio/monte_battaglia_1944.htm Ogni anno viene ricordata la tragedia della strage di un migliaio di civili perpetrata dalle SS del Maggiore Walter Reder nelle Località di Marzabotto e dintorni. Monte Sole, San Martino, le chiese bruciate, i muri recanti ancora le tracce dei colpi delle mitragliatrici tedesche, sono luoghi che consiglierei a tutti di visitare almeno una volta nella vita onde non dimenticare quanto sangue innocente è costata la nostra libertà. Ma accanto ad essi , il ricordo va anche ad un episodio epico, della Resistenza Italiana , connesso a quella vicenda , ma con aspetti sconcertanti e che videro nel giro di poche ore, gli Alleati, cambiare atteggiamento nei confronti dei partigiani garibaldini , trattati come nemici da disarmare, chiudendoli in campi simili a quelli di concentramento, nonostante che decine di essi avessero sacrificato la vita per conquistare una posizione strategica per l’avanzata Anglo-americana Il luogo Il luogo dello scontro è nelle località dell’appennino Emiliano, denominate Monte Carnevale e Monte Battaglia , a 20 kmt da IMOLA , (e in linea d’aria a soli 40 da Marzabotto), dove per circa una settimana, dal 20 settembre al primo di ottobre, grazie allo sforzo congiunto dei partigiani della 36esima divisione Garibaldi e dei Diavoli Blu della 88esima divisione americana ,si riuscì a conquistare una posizione fondamentale per il possibile sfondamento della Linea Gotica. Fu grazie al coraggio e all’abnegazione di alcune centinaia di partigiani inviati da Bologna e dintorni , che si respinsero gli attacchi dei tedeschi, alla rocca di Monte Battaglia prima , fino all’arrivo degli americani e poi, insieme a loro, resistere fino all’esaurimento delle munizioni, sino a quando , artiglieria, aerei e l’arrivo di rinforzi inglesi permisero di dichiarare vinta l’operazione di conquista di Monte Battaglia. Con essa si fu ad un soffio di cambiare la storia della nostra Italia, ovvero far terminare l’occupazione tedesca con 9 mesi di anticipo e tanti lutti e sofferenze in meno, ma… Il contesto Il contesto in cui i fatti si svolsero è quello della fine estate del 1944, dove l’avanzata della V Armata americana e degli inglesi della VIII era giunta alle porte di Bologna e grazie alle informazioni ricevute dalla struttura del Servizio segreto Americano in contatto con le unità di collegamento alleate tra i partigiani italiani, giunse l’informazione che vi era la possibilità di sfondare le linee tedesche nella località di Monte Battaglia e condurre un’operazione di aggiramento che ben presto avrebbe condotto ad una precipitosa ritirata delle divisioni tedesche schierate in pianura dinanzi all’VIII armata inglese tra Imola e Ravenna In quello scontro epico contro le migliori truppe d’assalto che i tedeschi avevano a disposizione e che costarono centinaia di morti tra gli americani e i partigiani , ritrovatisi insieme a respingere vincenti gli assalti tedeschi , a far da elemento qualificante nelle capacità offensive partigiane furono le armi inviate , dall’OSS americano, con il supporto dell’aviazione inglese di stanza nell’aereoporto di Brindisi. Le armi Armi che a Brindisi erano state accuratamente selezionate , impilate nei classici contenitori cilindrici, muniti di paracadute e lanciate dagli aerei inglesi, in gran parte pilotati da equipaggi polacchi, di stanza nell’aeroporto di Brindisi, lanciate, nei punti di raccolta indicati dalle missioni di cordinamento Alleati-Resistenza , presenti sul territorio occupato dai nazifascisti. Uno sforzo di supporto logistico che era durato mesi , permettendo alla Resistenza dell’Emilia Romagna , con comando a Bologna di dotarsi di una forza tale di pensare di aiutare l’avanzata Alleata sulla città , non solo con le solite azioni di guerriglia e sabotaggio ma anche con un ‘azione degna di un esercito convenzionale. Considerazioni finali ed amari retroscena. La perdita di Monte Battaglia portò il panico nei comandi tedeschi e si rischiò di abbandonare la linea Gotica e ritirarsi prima dietro il Po, e poi sull’Adige abbandonando l’intera Italia settentrionale. Lo stesso generale Von Vietinghoff, quello che era quasi riuscito a respingere gli Alleati a Salerno , lanciò un proclama disperato alle truppe tedesche , affinchè il fronte italiano non cedesse , mettendo in grave pericolo la Germania. Ma più che il fanatismo delle sue truppe valse la considerazione da parte Alleata, di non sacrificare altre vite americane per accellerare la liberazione del Nord, in quel piovoso autunno, con l’inverno alle porte, e di fatto si preferì svernare sulle posizioni acquisite , con il generale Alexander che lanciò il famoso invito ai partigiani italiani di tornare a casa per l’inverno e farsi rivedere su richiesta in primavera. La vittoria di Monte Battaglia si risolse quindi solo con l’aver “regalato” agli Alleati una bella posizione dominante l’Appennino, ma che ebbe conseguenze drammatiche e in alcuni aspetti paradossali: 1) La Resistenza emiliana con il suo Comando Unificato (C.U.M.E.R.) sacrificarono i loro migliori uomini e le migliori armi, indebolendo quel versante di Appennino che poche ore dopo, o meglio nelle stesse ore in cui lo scontro su Monte Battaglia si faceva più cruento, fu teatro di una feroce operazione di rastrellamento delle SS comandate dal maggiore Walter Reder, con la conseguente strage di Marzabotto. Un’operazione antiguerriglia dei nazisti volta a far terra bruciata delle popolazioni che appoggiavano le formazioni partigiane operanti immediatamente alle spalle della Linea Gotica e quindi estremamente pericolose perla sicurezza dei movimenti delle unità tedesche, vedi appunto il caso di Monte Battaglia. 2) Gli stremati e vittoriosi uomini della 36 divisione Garibaldi , dopo aver esaurito tutte le munizioni a disposizione , nell’ultimo respingimento dell’assalto nazista, furono invitati ad andare nelle retrovie americane onde poter rifocillarsi. Carichi di machine pistole strappate ai tedeschi e mitra Sten ricevuti per via aerea da Brindisi, si avviarono verso il più vicino punto di raccolta logistico americano, ma giunti lì furono “fermamente invitati” a consegnare tutte le armi, proprio quelle che avevano regalato agli americani la vittoria di monte Battaglia, comprese quelle inviate dai depositi dei servizi segreti americani di Brindisi. Sotto i loro occhi esse, furono ammucchiate per terra e distrutte sotto i cingoli di un carro armato a stelle e strisce . La vicenda divenne ancor più amara quando i garibaldini inviati in un “campo di raccolta”, per un bel po’ dovettero dormire per terra, senza pagliericci, materassi o coperte per ripararsi e per mangiare mezza razione di rancio americano, trattamento equivalente se non peggiore riservato ai prigionieri tedeschi. Sulla vittoria partigiana di Monte Battaglia calò la censura Alleata, e non comparve nei bollettini militari alleati. Troppo pericoloso far sapere che in Italia era possibile una sconfitta del nazifascismo grazie all’apporto determinante se non decisivo della Resistenza!!!Gli Alleati volevano mantenere ben chiaro che erano loro i vincitori e ed essi avrebbero deciso del futuro del nostro Paese! Le armi vittoriose di Monte Battaglia come quelle, poi, dell’insurrezione del 25 aprile 45, se non prontamente sequestrate e distrutte, avrebbero potuto essere troppo pericolose in un futuro in cui quegli stessi partigiani si sarebbero impegnati nella lotta politica, col rischio che a vincere le elezioni fossero i comunisti e gli Alleati fossero stati costretti ad intervenire , come già stavano approntandosi a fare in Grecia contro gli exalleati partigiani dell’ELAS. Così, tra stragi nazifasciste di civili dietro la Linea Gotica e stragi di partigiani comunisti ribelli nella Grecia appena liberata dai nazisti, la nostra Europa si preparava già alla nuova guerra, quella dei blocchi contrapposti, la Guerra Fredda e l’incubo dell’olocausto nucleare e la cortina di Ferro a sostituire la Linea Gotica. Ma la storia si ripete e Linee e Muri continuano a perseguitarci ancor oggi e in u n paradossale gioco delle parti amici , alleati e nemici si cambiano di ruolo continuamente vedi i disastri provocati dalle guerre in Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Exyugoslavia, ecc e a patire son sempre i civili … Antonio Camuso Archivio Storico Benedetto Petrone Brindisi 1 ottobre 2014 , 70 anni dopo. Riferimenti 1)Peter Tompkins- L’altra Resistenza. Ed Il Saggiatore pag-229-231 2)Sito web Le storie dimenticate-pagina web Monte Battaglia Val di Senio: testimonianza del partigiano Cosimo Resta della 36esima Divisione Garibaldi) 3) Sito web montebattaglia.it/guerra/monteconteso