venerdì 30 dicembre 2016

La madre delle bufale italiane: 70 anni fa il falso della morte di De Gasperi


 In queste ore sta montando la polemica tra Grillo e il responsabile dell’Antitrust che ha proposto un controllo da parte delle Agenzie europee sulla diffusione di notizie false sulla Rete, le cosiddette bufale. Sappiamo che  dei social media come Facebook stanno mettendo  già in atto alcune norme precauzionali sui rischi da diffusione di “bufale”, onde evitare che il loro rapido diffondersi in Rete possa provocare reazioni incontrollate, sino al rischio che qualche mente esaltata possa compiere atti inconsulti contro degli innocenti a causa di esse,   come è successo qualche mese fa negli Stati Uniti.

Che le bufale siano nate con l’uomo sociale, lo sappiamo, ma come oggi,  esse, nell’era della Rete e della globalizzazione, siano divenute uno strumento di manipolazione dell’opinione pubblica, ne stiamo prendendo lentamente coscienza, ed una conferma su come noi italiani siamo particolarmente affezionati alle bufale, lo si vede dal loro successo in quell’opinione pubblica, in particolare quella giovanile e dichiaratamente “incazzata contro tutto e tutti”.

Una constatazione che sembrerebbe confermare il rapporto di amore, quasi di riconoscenza del nostro Paese ,con le bufale. Sì, perché alcuni passaggi fondamentali della nascita dell’identità nazionale  sono stati contrassegnati da notizie false corse in suo aiuto o invece che ne hanno messo in pericolo la sua esistenza.
Vogliamo ricordare  succintamente il Carlo V, sceso con una poderosa armata dalla Francia, presentatosi dinanzi alla libera Firenze,pronto a far sentire la voce dei suoi cannoni fermato dalla risposta, datagli da Pier Capponi :-“I  fiorentini faranno suonare le loro campane!”-, facendogli presupporre che al loro suono sarebbero accorsi in aiuto gli eserciti degli altri comuni. La bufala riuscì in pieno e per quella volta Firenze fu risparmiata dai francesi.
Un’altra bufala, questa volta tramessa sulla prima rete moderna di cui si era dotato il Regno delle due Sicilie, quella telegrafica, fu di aiuto  a Garibaldi e ai suoi Mille garibaldini, nella conquista del Meridione e  propedeutica all’ Unità d’Italia.

Sbarcati a Marsala, una volta impossessatisi dell’ufficio telegrafico di quel porto, scoprirono che l’addetto Franco Fortini aveva già lanciato l’annuncio dello sbarco da due navigli di uomini armati. Il garibaldino Giovanni Battista Pentasuglia, non perdendosi d’animo e puntando la pistola alla tempia del povero telegrafista( una scena rivista in tanti “spaghetti-western”) gli fece ritrasmettere un breve messaggio di smentita, una bufala : “- Ci siamo sbagliati, si tratta di due vapori  che scaricano merci.”- Fortunatamente dall’altro lato  chi ricevette la bufala la prese per buona e dopo aver dato dell’imbecille al povero telegrafista di Marsala, fermò la mobilitazione delle truppe borboniche che, se prontamente avvisate, avrebbero potuto far naufragare sin dal nascere la spedizione dei Mille, magari con un appello sulla rete telegrafica che chiamasse la popolazione a difendersi da uno sbarco di feroci briganti, così come era avvenuto per Carlo Pisacane e i suoi trecento, qualche anno prima, con un’altra bufala trasmessa a suon di campane.

La falsa notizia della morte di De Gasperi

La nostra storia repubblicana, visse il 27 novembre 1946, esattamente 70 anni fa,  uno dei momenti più drammatici, se pur per poche ore, a causa di un’altra bufala tramessa sulla Rete, anch’essa telegrafica, questa volta delle Ferrovie dello Stato, quando un giovane apprendista al telegrafo della Stazione di Milano trasmise l’annuncio della morte prematura del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. 
Una notizia che cadeva in un momento in cui de Gasperi con un traballante governo a quattro, democristiani, repubblicani, socialisti e comunisti, era un ago della bilancia  insostituibile, dovendosi barcamenare  tra le enormi difficolta economiche e finanziarie di un’Italia uscita distrutta dalla crisi , la necessità di rivolgersi agli Stati Uniti per averli,   le insoddisfazioni di disoccupati, reduci, partigiani e con una destra fascista e monarchica decisa a prendersi la rivincita dopo la sconfitta referendaria di pochi mesi prima.
Un De Gasperi che solo due mesi prima aveva visto i partigiani di Novara,  Asti e dintorni  riprendere le armi e salire in montagna, un’anticipo di cosa sarebbe successo  se fosse stata vera la notizia della sua morte. Fortunatamente  non fu così (pur riserbandoci di ritenerlo colpevole di altre discutibili scelte a partire  dalla rottura del patto antifascista e l’adesione dell’Italia alla NATO), e scoperta la bufala, l’Italia si risparmiò una guerra civile in un momento in cui non se lo poteva proprio permettere.
Riportiamo fedelmente la cronaca sulla bufala della morte di De Gasperi, tratta dal giornale ad ispirazione liberale “ Risorgimento” stampato a Napoli e la cui Redazione era ad  Angiporto Galleria Umberto I, Napoli

RISORGIMENTO, venerdì 29 novembre 1946, centro pagina:

“-La falsa notizia  dell’improvvisa morte del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi si è diffusa ieri in tutta l’Italia settentrionale e specialmente a Milano e Torino in seguito ad una singolare beffa alla quale le autorità stanno indagando da 24 ore.
I fatti sono stati ricostruiti sin’ora quanto segue: alle ore 19 l’alunno contrattista Alessandro Quartiroli di Giovanni nato a Castel San Giovanni nel 1926 residente a Milano, addetto all’ufficio telegrafico della stazione centrale milanese, mentre svolgeva il suo servizio , senza aver prima interrogato il dirigente, trasmetteva di sua iniziativa all’ufficio corrispondente di Torino un telegramma del seguente tenore che ha asserito di aver ricevuto dall’ufficio telegrafico  della stazione centrale di Bologna: Servizio tutti  da Roma. D.G.23-24-18. Contiene movimento.Per morte di on De Gasperi , domani 28  esponete tutti impianti bandiera a mezz’asta. Firmato Di Raimondo. L’ing Raimondo comè noto  è il direttore generale delle FFSS..

In un primo sommario interrogatorio il Quartiroli dichiarava di aver creduto vera la notizia  e di averla trasmesse all’ufficcio telegrafico di Torino in perfetta buonafede, ciò in contrasto con il suo comportamento durante la ricezione  sia durante la ritrasmissione del dispaccio. Il Quartiroli infatti,  nel momento in cui ha appreso la notizia non solo rimaneva indifferente senza renderne edotto il capoturno, ma procedeva sempre di sua iniziativa  alla immediata ritrasmissione senza annotarlo nel registro.

Il Quartiroli ha dichiarato  di aver poi appreso dall’ufficio telegrafico di Bologna che la trasmissione era falsa e che si trattava di uno scherzo e pertanto ne aveva avvertito il collega di Torino con un altro dispaccio che annullava il precedente. Intanto la notizia  che si diffondeva tra i telegrafisti di Torino( e su tutta la rete telegrafica del Nord-Italia, NdR)  era raccolta da un funzionario del compartimento delle FFSS il quale intuendo l’infondatezza si affrettava a chiedere conferma al capoturno della’ufficio emeittente. Dall’esame risalendo al percorso fatto dalle comunicazioni si avevano tracce tra Milano e Torino mentre con Bologna non vi era traccia smentendo il Quartiroli.
Si sta cercando di capire se da Bologna sia mai partita la notizia nel frattempo, il Quartiroli dopo un sommario interrogatorio è stato messo a disposizione  dell’ufficio politico dellala questura di Milano, L’amministrazione FFSS ha avviato un’inchiesta amministrativa e tecnica.”-


 A garantire l’alternanza  sul diritto di bufala furono i sotenitori del partito di De Gasperi, quando poco più di un anno dopo, nella campagna  elettora le del 1948, fecero piangere sangue dalle Madonne di tutta Italia, impaurite dal rischio della vittoria del social comunisti alle elezioni politiche, ma questa è un’altra storia…
ANTONIO CAMUSO –
Archivio Storico Benedetto Petrone ,
Brindisi 30 dicembre 2016


















venerdì 16 dicembre 2016

11 dicembre 1946 Padova in rivolta contro le truppe inglesi



Ovvero 70 anni d’Italia tra carota e manganello.


…Gli incidenti di ieri hanno provocato in città un’ondata di sdegno contro il comportamento degli autisti alleati che come è noto ogni giorno mietono vittime innocenti fra la popolazione civile…”inizia così la cronaca  di due giorni di “ordinaria violenza” e di Resistenza attiva contro le truppe di occupazione inglesi che con il loro comportamento nei confronti dei cittadini di Padova , costringono gli stessi  quasi a rimpiangere i giorni dell’occupazione nazifascista. Il bilancio di due giorni di fuoco è di decine di civili, tra cui molte donne , feriti in modo anche grave, negozi devastati da inferociti soldati di Sua Maestà Britannica , ma anche alcuni di essi sonoramente pestati da padovani decisi nel non sopportare più i loro soprusi.
Stiamo parlando di una pagina  di “Resistenza” volutamente rimossa dalla storiografia ufficiale interessata  a coniare  la medaglia ad unica faccia da “Liberatori “ alle Forze Armate dei paesi Alleati  vittoriose sul Nazifascismo, ma  trasformatesi in forze occupanti e guardiani degli interessi economici e militari delle grandi potenze nello scacchiere europeo nato dopo il 1945.
Un’Europa divenuta campo di battaglia di una nuova guerra, fatta di muri, incubi di olocausto nucleare, colpi di stato e di regimi imposti con i carri armati,  che avrebbe condizionato irreparabilmente il cammino democratico e la voglia di libertà di centinaia di milioni di esseri umani.L’Italia  come tristemente sappiamo  fu il paese , dopo la Grecia , nel campo occidentale,  che visse  più di tutti sotto la spada di Damocle del Colpo di Stato Permanente  e dove i servizi segreti e gli ambienti più conservatori ed antipopolari degli USA e della  NATO, in nome dell’anticomunismo viscerale ebbero un ruolo determinante come dimostrato nella stagione delle stragi fasciste,
 Singolare per alcune coincidenze, la vicenda di cui oggi parliamo, ovvero la rivolta di Padova del 1946, visto che nella stessa città, una ventina di anni dopo una “cellula neofascista”, con coperture di servizi segreti NATO,  fu coinvolta a vario titolo nella strage di piazza Fontana,a Milano, il 12 dicembre del 1969, la madre della stagione delle stragi.
E’ proprio sui giornali di un altro  12 dicembre, ma del 1946, che appaiono le cronache sdegnate e preoccupate di quanto avviene nella città di Sant’Antonio protettore dei poveri  e degli oppressi. Proseguiamo la lettura del prestigioso “l’Avanti” , l’organo ufficiale di quel  Partito Socialista Italiano(PSIUP), che  nel  secondo governo De Gasperi ,in quei giorni, ha incarichi ministeriali importantissimi a partire da quello ricoperto dal suo leader carismatico  Nenni, come vice Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri:
-”…Si è aggiunta ieri ( 11 dicembre 1946) verso le 18 una grave provocazione da parte di un centinaio di soldati inglesi ( l’inchiesta successiva appurò che erano 150) che armati di sfollagente e bastoni si sono riversati improvvisamente nel centro della città malmenando i passanti. Un vero senso di terrore si è immediatamente sparso…mentre la popolazione si affrettava ad armarsi come poteva di sassi, bastoni e mattoni da alcuni edifici in costruzione per far fronte agli energumeni e i negozi calavano velocemente  le saracinesche  i militari inglesi, forse avvinazzati, sfogata la loro ira preferivano dileguarsi man mano che la furia popolare prendeva consistenza. Intanto essi avevano già ferito una decina di civili, alcuni dei quali versano in gravi condizioni. Una folla numerosa allora si dava alla rappresaglia malmenando e bastonando  quanti inglesi trovava sul passaggio e quindi dava l’assalto all’Albergo Regina occupato dalle truppe alleate e parecchi militari  ne sono usciti malconci. Dall’Albergo  i militari assediati rispondevano a colpi di rivoltella.
Chiusi tutti i ritrovi e cinema la popolazione  si è barricata in casa e le strade sono percorse da automezzi della polizia italiana ed Alleata. Un (primo , NdR) comunicato  del Comando Alleato sconfessa l’operato dei militari dipendenti.”…-
Per ironia della sorte quel comunicato  dei nostri Liberatori ed Alleati, ebbe vita breve poiché come leggiamo nell’articolo del giorno successivo, il 13 dicembre , su “l’Avanti” si diffonde la voce che al contrario  gli Alleati vorrebbero multare la città di Padova  della somma di 15 milioni di lire( l’equivalente di 1 milione di euro) per i danni subiti. Gli echi di quanto successo nella città del Santo giunsero addirittura nella Assemblea  Costituente che aveva tra i suoi componenti proprio il sindaco di Padova, il socialista onorevole Costa :


”-….Ieri (12 dicembre 1946) all’Assemblea Costituente  tre interrogazioni sono state rivolte sui fatti accaduti a Padova nei giorni scorsi…Il sottosegretario agli Interni informa che l’investimento  che ha dato luogo alla protesta  della popolazione di Padova  è avvenuto in una zona dove esisteva il divieto di passaggio. Il conducente ( militare inglese, Ndr) fu malmenato  mentre  tre cittadini rimasero feriti di cui uno gravemente. Nella dimostrazione  successiva alcuni automezzi alleati furono danneggiati. La nostra polizia  interveniva tempestivamente…il suo operato lodato dal Comando Alleato. Mentre la calma era ritornata , ieri circa duecento militari alleati  si aggirarono per la città percuotendo cittadini e infrangendo vetrine dei negozi. … Il Governo esprime tutto il suo rincrescimento  per quanto è accaduto  ma oltre i deplorevoli fatti  di carattere episodico, non si dimentichi che con i soldati alleati  abbiamo combattuto insieme la Guerra di Liberazione.”-
Un clichè utilizzato per coprire e assolvere  altre nefandezze compiute da  militari alleati, a partire dagli stupri ed assassini compiuti dalle truppe coloniali francesi nel Centro Italia, ma che poi sarà  rivisto ed aggiornato in nome della guerra umanitaria,  o della guerra al terrorismo internazionale  pur di giustificare  ogni governo del nostro Paese  nell’accettare  limitazioni alla sovranità nazionale  in cambio di un piatto di lenticchie.
Una subalternità dalle radici profonde che si evince  da come  Parri, il nostro primo Presidente del Consiglio ,partigiano,  nel novembre del 1945,  sottoposto alle pressioni dell’ammiraglio inglese Stone e del generale polacco Anders, scrisse a Togliatti  per convincerlo a mettere freno alla campagna di denuncia della stampa di sinistra  contro  le illegalità commesse dalle truppe alleate pur conoscendo:
-” bene le doglianze che il Partito comunista muove per il modo di agire nei suoi riguardi delle truppe polacche; […] Ma io ho comunque il dovere di farti presente che la delicatezza del momento politico è tale che, quali che siano gli incidenti che possano aver provocato le accennate pubblicazioni, è consigliabile evitare manifestazioni destinate a suscitare le diffidenze da parte degli Alleati e maggiori difficoltà al Governo…»
 Purtroppo dobbiamo constatare che ancor oggi , 70 anni dopo, le bende sugli occhi e sulla bocca per impedire denunce scomode sui nostri protettori atlantici non sono mai state strappate Ritornando alle cronache sui fatti di Padova , nelle pagine dell’Avanti:…

“-Il compagno Costa (l’onorevole socialista e sindaco di Padova, NdR)  ricorda che i fatti del 10 e dell’11 (dicembre 46), hanno un precedente nei continui investimenti da parte degli automezzi alleati e che il giorno 10 gli automezzi inglesi vollero transitare per strade dove vi era divieto di passaggio, travolgendo addirittura la guardia municipale preposta al servizio d’ordine..”-
 Per placare gli animi alla Costituente dovette intervenire in  giornata lo stesso De Gasperi dicendosi rattristito per ciò che era avvenuto nella città veneta e animato di senso di dolore e commiserazione per le vittime ma….”- bisogna ricordare  che la Padova partigiana e i valorosi soldati britannici hanno combattuto insieme nella guerra di liberazione per la libertà e la democrazia”… -anticipando di voler mettere una pietra tombale sulle denunce, in attesa che da Turchia e Egitto arrivasse grano, dall’Argentina navi cariche di cereali e carni e dall’America pacchi dono natalizi, carbone e acciaio  e materie prime, insomma il necessario per sfamare gli affamati e rimettere in moto l’apparato produttivo di un paese portato alla rovina dal regime fascista di Mussolini.
Quanto fosse difficile in quegli anni  mettere il bavaglio ad una stampa “ di lotta e di governo” lo si evince dal resto dell’articolo che fregandosene  delle dichiarazioni concilianti di De Gasperi continuava a denunciare:
-… “Si apprende intanto che il Comando Alleato vorrebbe ribaltare sulla popolazione la responsabilità dei fatti nonostante che  le testimonianze concordino che 150 militari inglesi usciti dalal caserma dell’ex 55 RGT Fanteria  erano perfettamente inquadrati ed armati con bastoni ed armi, dirigendosi intenzionalmente verso il centro  e…abbandonandosi selvaggiamente  nel malmenare  i passanti senza distinzioni di sesso o età e sfasciando  a colpi di clava ogni cosa….”
 Seguono poi l’elenco di ordinate manifestazioni di migliaia di studenti al canto dell’inno di Mameli e di  10.000 lavoratori  inquadrati dalla Camera del Lavoro sfilati in un silenzio, foriero di ben altre risposte dinanzi alle sedi dei Comandi alleati. Con il meccanismo della carota e del bastone, il Comando militare alleato da un lato emanava un ordine di no-entry nella città di Padova di truppe anglo-sassoni non di guarnigione , ma dall’altro faceva correre la voce della multa a Sant’Antonio di 15 milioni di lire per essersi schierato con gli oppressi.
Per comprendere che dimensione raggiunse il fenomeno di autisti militari, americani, inglesi, polacchi, in preda ad alcool o semplicemente sprezzanti della vita dei civili italiani, lo si desume da un calcolo fatto in quei tre anni dai partiti di sinistra che  parla di oltre 4000 vittime,  un numero  che sembrerebbe enorme  ma  che si avvicina  di molto alla realtà facendo i dovuti raffronti attraverso  la lettura dei quotidiani dell’epoca:



 “Cronaca di  Napoli (’Avanti  del 11 dicembre 1946 , in stampa durante i fatti di Padova) :”- Disprezzo assoluto per le nostre vite…due cittadini investiti da automezzi alleati…La jeep che ha ridotto in fin di vita il settantenne Di Pinto è contrassegnata col numero 20355149…ieri verso le 07.30 un pedone  è stato travolto da un automezzo inglese.Il disgraziato attraversava via Roma all’altezza di Piazza Augusto quando veniva investito da un ‘auto alleata che percorreva l’arteria cittadina a forte velocità. Raccolto da alcuni passanti e trasportato ai Pellegrini, il poveretto non ancora identificato presentava una larga ferita all’arcata sopraccigliare sinistra con fuoriuscita di materia celebrale…Più tardi a Fuorigrotta, un settantenne . DI Pinto, veniva investito da una jeep contrassegnata con il numero 203555149 riportando la frattura ad un braccio e commozione cerebrale…”-
Per interrompere questa catena di omicidi stradale in lingua inglese si dovette attendere il ritiro completo di tutte le truppe di occupazione alla fine del 1947, ma iniziava l’anno dopo, il 1948 con la sconfitta elettorale delle sinistre un nuovo capitolo che con l’adesione dell’Italia alla NATO nel 1950 , avrebbe condotto il nostro paese a siglare accordi che regalavano territori, basi, tratti di mare, isole intere  al servizio delle esigenze strategico militari del Grande Fratello a stelle e strisce. Con l’avvento del Capitalismo globalizzatore ben altri diktat hanno asservito ogni ganglio vitale della società italiana, pur contrastato da mille rivoli di resistenza. La stessa vittoria del NO  alle modifiche di una Costituzione, pur mai compiutamente applicata, ne è un esempio e la chiusura della crisi di governo in tempi record è un segnale di quanta sia  la paura che il popolo italiano rialzi la testa in nome della libertà.
Archivio Storico Benedetto Petrone
Brindisi 12 dicembre 2016



lunedì 5 dicembre 2016

La vittoria del NO e la Costituzione disattesa

La vittoria del NO e 70 anni di attese inesaudite nella carta Costituzionale.

Oggi siamo in molti a festeggiare la vittoria del No ad una riforma della Costituzione  pasticciata, dannosa e non democratica.
 Da tanti il richiamo  ai  valori e ai principi a cui fecero riferimento i “padri costituenti” ,e  nell’euforia della vittoria si tende a rimarcare  come essa fu in quel particolare momento un elemento fondamentale nella rinascita del nostro Paese dopo gli orrori della guerra in cui il fascismo ci aveva  trascinato, ma è augurabile che  se si vuol salvaguardarla e metterla al riparo da altri tenebrosi tentativi di rimaneggiamento involutivo della Carta (vedi  la ossessionante proposta Berlusconiana , in stile P_duista, di una repubblica presidenziale) occorre che in essa possano poter finalmente aver voce chi invece  continua  ad esserne estromesso nei diritti , nella dignità, nell’espropriazione della libertà. 
Parliamoci chiaro oggi la valanga di NO  arrivata dal SUD  ed in particolare dai giovani, va  presa come un ultimo avvertimento e guai a chi : partiti, intellettuali, sindacalisti, continuerà a far orecchio di mercante , illudendosi che tutto possa scorrere come prima, poiché se non sarà la “società civile”  a dare speranze, ci sarà ben presto chi seminerà illusioni  fomentando odio ed egoismo, per una svolta autoritaria.


E’ questa una riflessione  che ha fondamento nelle parole proprio del padre Costituente per eccellenza Terracini, il presidente di quell’Assemblea Costituente che il 22 gennaio del 1947, 69 anni fa , profondamente commosso diede l’annuncio dell’approvazione della Carta Costituzionale. 
La sua più che una euforica esaltazione di quel risultato fu invece  l’appello e un lascito che riteniamo sin’ora inascoltato e inesaudito  alle future generazioni e alle classi politiche che si sono susseguite nei successivi 70 anni. Terracini parla chiara affermando che  in quella carta molti ancora si sarebbero sentiti esclusi se non si avesse lavorato per loro e se ciò non fosse accaduto, il rischio di ritornare indiertro per tutto il Paese sarebbe stato  sempre dietro l’angolo. Vogliamo  oggi quindi , come Archivio Storico Benedetto Petrone, proprio il giorno della Vittoria del NO ,   riproporre  quelle parole in stile  per noi un po’ desueto di  Terracini, dopo il voto di 515 votanti, 453 sì e 62 contrari, che approvava la Costituzione:

“- Noi consegniamo oggi a chi  ci elesse il 2 giugno, la Costituzione,; noi abbiamo assolto il compito amarissimo di dare avallo ai patti di pace che hanno chiuso ufficialmente  l’ultimo tragico  e rovinoso capitolo del ventennio di umiliazione e di colpe: e con le leggi elettorali stiamo apprestando il ponte di passaggio  da questo periodo ancora anormale ad una normalità di reggimento politico  del Paese nel quale compete ad ogni organo istituzionale  il compito che gli è proprio ed esclusivo; di fare le leggi, al Parlamento; al Governo di applicarle, ed alla Magistratura di controllarne la retta osservanza: Ma , forse sì, non tacciamolo, molta parte del popolo italiano avrebbe voluto dalla Costituente, qualcosa altro ancora.

I più miseri, coloro che conoscono  la vana attesa estenuante di un lavoro a cui prodigare le proprie forze creatrici e da cui trarre i mezzi di vita; coloro che avendo lavorato per un’intera vita, fatti inabili dall’età, dalla fatica e dalle privazioni ancora inutilmente dalla solidarietà nazionale una modesta garanzia contro il bisogno; coloro che frustano i loro giorni in una fatica senza prospettiva chiudendo  ad ogni sera una bilancio senza residui , pensanti e dotati di anima di un qualche gelido  mostruoso apparato meccanico o forze brute di lavoro su terre estranee e perciò stesso ostili; essi attendevano che l’Assemblea realizzasse le loro ardenti aspirazioni, memori com’erano  di parole proclamate ed eccheggiate. Noi lo sappiamo oggi  che ciò avrebbe superato le nostre possibilità. Ma noi sappiamo di avere posto nella Costituzione altre parole che impegnano inderogabilmente la Repubblica a non ignorare più quelle attese, ad applicarsi risolutamente all’apprestamento di strumenti  giuridici atti a soddisfarle.

 La Costituzione postula senza equivoci le riforme che il popolo italiano in composta fiducia rivendica. Mancare all’impegno sarebbe nello stesso tempo violare la Costituzione e compromettere  forse definitivamente lo avvenire della Nazione Italiana…”-

ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE




sabato 3 dicembre 2016

3 dicembre 1947 la legge contro il fascismo per la difesa della Repubblica

 3 DICEMBRE 1947, LA LEGGE SULLA LOTTA AL FASCISMO APPROVATA DALLA COSTITUENTE E'  FIRMATA DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA DE NICOLA


Fra poche ore con l’apertura dei seggi elettorali sul referendum costituzionale, calerà il sipario su un dibattito che  salvo qualche eccezione(ANPI)  non ha rimarcato come  quella Costituzione che  oggi si vorrebbe tirare a lucido con o senza modifiche  potè essere approvata  con l’adesione della maggioranza delle forze  politiche solo dopo che l’Assemblea Costituente, in nome del popolo italiano, le ebbe  dato l’anticorpo legale  per difendersi da ogni pericolo di restaurazione del regime fascista   e  di qualunque altra forma autoritaria che si richiamasse ai suoi metodi.
E’ esattamente  un mese prima che si arrivi alla’approvazione della Carta Costituzionale che la Costituente , pur tra forti ed aspri dibattiti e mentre la Celere  di Scelba interveniva pesantemente contro operai e contadini meridionali in rivolta,  che la Costituente il 22 novembre del 1947 approvò le leggi per la difesa della repubblica e contro ogni tentativo di restaurazione  fascista e monarchica.
 Una legge che  entrò in vigore il 3 dicembre 1947, esattamente 69 anni fa quando fu firmata dal Presidente della Repubblica De Nicola e pubblicata sulla G.U.
 Una legge che punendo ogni espressione  violenta o no, richiamantesi alla dittatura fascista avrebbe dovuto entro 5 anni  generare quegli anticorpi nella giovane Repubblica Italiana tali da  impedire definitivamente che  il male oscuro che aveva soggiogato ed irretito il popolo italiano per 20 anni, potesse risorgere.
Purtroppo quella legge mentre era ancora in approvazione veniva stracciata a colpi di mitra e moschetto nelle piazze e nelle campagne , dove contadini ed operai chiedevano lavoro , giustizia e dignità, Una legge che in seguito   fu tradita ,  aggirata inapplicata grazie  al  blocco di potere “clerico-fascista” in cui la DC era la colonna portante , che potè rigenerarsi in ogni  parte dello Stato, condizionandone ogni scelta e rendendo la vita politica del nostro paese viziata nelle sue espressioni più significative.
 In seguito  il fascismo   si mostrò nelle forme più varie e spesso più truculente  e ricordiamo la stagione delle stragi e del Golpe Permanente, dove gli interessi del grande Fratello Amerikano  si mescolavano a quelli del capitalismo più reazionario nazionale.
Nonostante ciò l’anima  antifascista di questo paese ha resistito, pur sempre più flebilmente, nonostante  la P2, il Berlusconismo e la metamorfosi involutiva dei cosiddetti partiti della siniostra”di governo” sino a giungere al renzismo attuale, mentre le mille facce del fascismo  si colorano   di razzismo, xenofobia, antisemitismo, odio contro la politica e i partiti, di nazionalismo  evoglia di seccessionismo autodistruttivo,  facendo presa sugli istinti  più bassi dell’umanità.
 Mai come oggi va difeso il principio fondamentale della nostra Repubblica che è quello della sua antitesi ad ogni forma di Fascismo
Ribadendo anche noi al nostro NO alla riforma costituzionale , ricordiamo la legge antifascista della Costituente.


IL CAPO PROVVISORIO DELLO STATO Ha sanzionato e promulga la seguente legge approvata dall'Assemblea Costituente: Art. 1. Chiunque promuove la ricostituzione del disciolto partito fascista, sotto qualunque forma di partito o di movimento che, per l'organizzazione militare o paramilitare o per l'esaltazione o l'uso di mezzi violenti di lotta, persegua finalita' proprie del disciolto partito fascista, e' punito con la reclusione da due a venti anni e con la confisca dei beni. Chiunque vi partecipa e' punito con la reclusione sino a tre anni. ((1)) ---------------
Art. 2. Chiunque promuove un movimento o costituisce un partito diretto alla restaurazione, con mezzi violenti, dell'istituto monarchico, ovvero ne agevola la costituzione, e' punito con la reclusione da uno a quindici anni. Chiunque vi partecipa e' punito con la reclusione sino a due anni. ((1)) ---------------
Art. 3. Chiunque svolge attivita' fascista o attivita' diretta alla restaurazione dell'istituto monarchico, impedendo o ostacolando con atti di violenza o di minaccia o con inganno l'esercizio dei diritti civili o politici dei cittadini, e' punito, qualora il fatto non costituisca reato piu' grave, con la reclusione da uno a dieci anni.
Art. 4. Chiunque, al fine di svolgere alcune delle attivita' prevedute negli articoli precedenti, promuove, forma, dirige o sovvenziona una banda armata di tre o piu' persone, e' punito, per cio' solo, con la reclusione da dieci a trenta anni e con la confisca dei beni. Chiunque partecipa alla banda armata e' punito, percio' solo con la reclusione da tre a quindici anni.
Art. 5. Nella ipotesi di concorso del delitto preveduto nell'articolo 4 con alcuno dei delitti preveduti negli articoli 1, 2 e 3, quando si tratta di fatti che per la loro gravita' sono tali da potere provocare o alimentare la guerra civile, i promotori o i capi possono essere puniti con la reclusione non inferiore ad anni ventuno e, nei casi piu' gravi, con la pena dell'ergastolo e con la confisca dei beni.
Art. 6. Chiunque, per mezzo della stampa o in altro modo, pubblicamente istiga a commettere alcuno dei delitti preveduti negli articoli precedenti, e' punito con la reclusione da uno a otto anni.
Art. 7. Chiunque esalta pubblicamente con i mezzi indicati nell'articolo precedente le persone e le ideologie proprie del fascismo o compie pubblicamente manifestazioni di carattere fascista, e' punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Art. 8. Chiunque con i mezzi indicati nell'art. 6 fa propaganda per la restaurazione violenta della dinastia Sabauda e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni.
Art. 9. Per i delitti preveduti negli articoli precedenti si procede con istruzione sommaria e, quando e' possibile, con giudizio direttissimo.
Art. 10. Nei casi previsti dall'art. 1, con la sentenza di condanna si ordina lo scioglimento dell'organizzazione.
Art. 11. La presente legge cessera' di aver vigore non appena saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale, ed in ogni caso non oltre il 31 dicembre 1952.
Art. 12. La presente legge entra in vigore nel giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara' inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana.
E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi' 3 dicembre 1947
Firmato:  DE NICOLA DE GASPERI - EINAUDI - SFORZA - SCELBA - GRASSI - PELLA - DEL VECCHIO - CINGOLANI - lGONELLA - TUPINI - SEGNI - CORBELLINI - MERLIN - TOGNI - FANFANI - MERZAGORA - CAPPA
Visto, il Guardasigilli: GRASSI

Purtroppo SCELBA nel 1952 fece sì che questi articoli fossero abrogati con la seguente dizione AGGIORNAMENTO (1) La L. 20 giugno 1952, n. 645 ha disposto (con l'art. 10, comma 2) che " Sono abrogate le disposizioni della legge 3 dicembre 1947, n. 1546, concernenti la repressione dell'attivita' fascista, in quanto incompatibili con la presente legge." Ha altresi' disposto (con l'art. 10, comma 3) che "La presente legge e le norme della legge 3 dicembre 1947, n. 1546, non abrogate, cesseranno di aver vigore appena che saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale."


 ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE
BRINDISI 3 DICEMBRE 2015
ORA E SEMPRE RESISTENZA...