mercoledì 26 luglio 2017

Montella(AV) , 29 maggio 1938 nasce l'acquedotto dell'Alto Calore



Cronache ingiallite di storia locale irpina.

L’articolo di Antonio Camuso

Il 1938, l’anno in cui Montella iniziò a dissetare l’Irpinia.

 


Premessa
Che il 2017 sia un anno veramente terribile ce lo dicono le cronache di questa  torrida estate  e come tra incendi, siccità e disseccamento di sorgenti fiumi , l’Irpinia  risulti non esente da queste avversità che  ai meno attenti sembrava essere  sin’ora indenne, volgiamo anche noi  in questa nuova rubrica “Pagine ingiallite di storia locale irpina”  del sito www.pugliantagonista.it  e dell’analogo blog http://pugliantagonista.blogspot.it/   .

Si tratta di un esperimento di rilettura delle pagine interne di giornali  a tiratura nazionale o regionale , riguardanti la vita, fatti e storie dell’Irpinia, ma non solo, e anche di altri luoghi del nostro Meridione e che in qualche modo possano farci riflettere sull’attualità attraverso  un gioco di retrovisione critica.
La pagina di oggi  è dedicata ad un momento particolare della nostra storia locale e sul quale  ho redatto un articolo in corso di pubblicazione  nella pagina cultura del Quotidiano del Sud/ Corriere dell’Irpinia e che ha come argomento la nascita dell’Acquedotto dell’Alto Calore.
Oggi ,  a Montella, proprio da dove nacque quella grande opera,  parlare di quell’Acquedotto significare toccare un argomento scottante, viste le restrizioni imposte all’erogazione idrica,  la scomparsa dei corsi d’acqua che facevano di Montella , insieme ai suoi boschi ed altipiani, uno dei luoghi più suggestivi dell’Irpinia. E’ vero che  l’eccezionale siccità ci accomuna a gran parte d’Italia, ma la scarsa  preveggenza, l’incuria,  il pressappochismo e  l’incapacità  della “politica”( in senso lato: amministratori, tecnici, ecc) di cogliere i tanti allarmi che provenivano da parte di chi sul territorio  ha seguito con preoccupazione  gli impatti locali dei cambiamenti climatici, fanno sorgere in noi  una sorta di  rabbia  impotente  e che preferiremmo canalizzata in proposte e soluzioni concrete.
Il nostro articolo  storico/rievocativo , su un’Irpinia di 80 anni fa e che sembra  a  oggi  a tutti noi  lontana anni luce , auspichiamo che sia di stimolo nella nascita di nuove idee, speranze, condivisioni tra comunità per poter lavorare affichè  quel ricordo non si spenga ma possa  esser un punto di partenza e di arrivo per il salvataggio e la rinascita  locale.
 Nell’articolo originale , in stampa per il Corriere dell’Irpinia narro gli antefatti che portarono la nascita dell’acquedotto dell’Alto  Calore in un momento particolare del regime fascista, rafforzatosi in popolarità con le imprese coloniali e ua inaspettata apertura di credito da parte di un’Europa  inetta,  incapace di fermare l’avanzata hitleriana  ttra annessioni e plebisciti e che sperava in Mussolini quale arbitro per il mantenimento dello status quo. Un regime fascista  che faceva una grande campagna propagandistica sulle iniziative improrogabili di rinnovamento infrastrutturale di un Paese  che  era rimasto in certi versi allo stadio post-unitario  e  che necessariamente doveva adeguarsi a minimi standard di modernità, sevoleva competere con gli altri Stati  a cui reclamava un “posto al sole”.
In questo contesto nasceva l’Acquedotto del Calore, che dalle fonti in località di Montella  portò l’acqua nelle case e nelle fontane pubbliche di 36 paesi irpini e sanniti che sino ad allora si erano approvvigionati  autonomamente grazie ad una rete capillarmente diffusa di neviere, cisterne pubbliche e private e sorgenti locali. Una modernità che portava comodità  ma anche igiene, sicurezza alimentaria e sanitaria impedendo diffondersi di malattie ed epidemie diffusesi   spesso a causa  di  mancate osservanze di protocolli sanitari. Ne sapevano bene i pugliesi delle ricorrenti epidemie di colera che per secoli avevano sistematicamente falcidiato i quartieri popolari di grandi e piccole città  e delle quali non fu esente la stessa Bari. Fu proprio il consiglio comunale di quella città che per quasi mezzo secolo si mobilitò nell’attuazione di quell’opera unica quale fu l’Acquedotto Pugliese ,grazie al contributo delle sorgenti di Caposele e della piana di Cassano e le cui acque nascono da quei bacini montani che  circondano  Montella.Come abitante della Puglia, sono grato all’Irpinia di questo immenso dono che ha fatto all’intera Puglia  ma come originario dell’Irpinia mi augurerei  che  dalla Puglia vi fosse anche un minimo di restituzione sotto qualsiasi forma  di questo staraordinario contributo , ora che aquesta dimenticata  parte  della Campania è in così grave difficoltà.

Una grandiosa opera del regime

L’acquedotto dell’Alto Calore destinato a dissetare trentasei comuni

Avellino 26  maggio 1938

Nel quadrilatero formato da Cassano, Montella , Bagnoli e Nusco , in una zona di facile percorribilità, sorge il fiume Calore formato da alcuni ruscelli provenienti  dall’Accelica e dal Terminio, al varco del Paradiso a 1400 metri ove è la sorgente di Rajo di Sancito  che è il vallone originario del fiume Calore. Dopo esso arricchito  da altri corsi d’acqua, detti “Peteniti” e da altri torrentelli, che scendono dall’Accellica, affluisce nel “Rajo di Ferrera” che viene dal  Colle Finestra . L’altro ramo  principale scende  dal Terminio in rivoletti raccolti dal “Fiumicello” . Nel corso montano del Calore trovasi la piana di Montella. Le prime  sorgenti sono sparse nell’anfiteatro  di monteRaja, monte Accelica, monte Sassosano. Nel Rajo di Ferrera si riuniscono tre sorgenti  della portata complessiva di 1500 litri. Nella piana di Montella affluiscono parecchie sorgenti alimentate da un vasto bacino imbrifero  che comprendono  i piani di Montella , del Laceno, del Laghetto, di Bolifano, di Chiavalle, del Dragone e quelle più importanti di Cassano. In questo scenario e nella cornice meravigliosa  che offre tutta l’Irpinia , domenica prossima  29 maggio1938 ,  Sua Eccellenza Cobolli Gigli, Ministro dei Lavori Pubblici inviato dal Duce,  porrà la prima pietra per i lavori dell’importante acquedotto dell’Alto Calore.”
Montella nel 1938, sedicesimo anno XVI dell’Era Fascista, è un paese in cui apparentemente l’opera  di irregimentazione  fascista sembra aver raggiunto tuti i suoi obbiettivi se interpretasssimo alla lettera la cronaca delle celebrazioni del 24 maggio 1915 (anno dell’entrata in guerra  dell’Italia  nel primo Macello Mondiale)   che leggiamo nello stesso giornale in cui si esalta la nascita  dell’Acquedotto del Alto Calore. Eppure cinque anni dopo in questi giorni di luglio alla caduta del fascismo, di fascisti  in camicia nera, a Montella in poche ore  non se ne vedrà nessuno in giro e qualche mese dopo all’arrivo degli americani sembrerà che non ce ne fossero mai stati…potenza del trasformismo italico!!!
 A Montella le celebrazioni del 24 maggio
Dopo la l’esposizione di una splendida corona di alloro sulla lapide che ricorda i gloriosi Caduti  montellesi e il saluto al Duce, comandato dal Segretario del fascio, ha illustrato  brevemente la storica data  rivoluzionaria, il valente ufficiale  sanitario del paese, il dott cav Serafino Apicella, ex combattente della grande guerra  e della guerra imperiale. La bella e suggestiva cerimonia s’è chiusa  tra gli incessanti  evviva a S M Il RE e Imperatore  e al Duce
Considerazioni finali sull’argomento acqua, riflettendo sul passato e guardando verso il futuro .
In più parti d’Italia dinanzi al fenomeno siccità si sta ponendo il problema  approvvigionamento idrico alternativo agli acquedotti e molte sono le idee in campo, tra esse oltre alla creazione di nuovi invasi che captino le acque meteoriche  va fatta una riconsiderazione su quello che fu il vecchio sistema capillare delle cisterne pubbliche e private: captare  ed evitare la dispersione della manna che cade dal cielo e come le formichine del passato ideare luoghi pubblici /privati inserendo nelle costruzioni moderne,  cisterne  alimentate dall’acqua piovana e dotate di sistemi di clorazione e potabilizzazione dell’acqua.  Naturalmente tutto ciò deve essere accompagnato dalla lotta globale ma anche locale ai cambiamenti climatici con il cambio di colture o allevamenti con quelli di minor impatto ambientale e con opere di riforestazione su tutto il territorio nazionale onde riequilibrare quella igronometria messa in pericolo dalal cementificazione selvaggia e dall’inaridimento dei suoli.
Antonio Camuso
Archivio Storico Benedetto Petrone
Brindisi  26 luglio 2017 
pubblicato anche su 


domenica 23 luglio 2017

19 dicembre 1947, Il Cahier des doleances delle donne di Accettura, un grido di dolore che attende ancor oggi di essere ascoltato.

(Articolo  di ANTONIO CAMUSO pubblicato nella pagina Cultura del Quotidiano del Sud/Corriere dell'Irpinia il 31 dicembre 2016)

In questo blog pubblichiamo dei brevi  passaggi :

....Quel Congresso doveva essere la “Costituente” di quel  Mezzogiorno che voleva farsi sentire e mostrare il meglio di se stesso, nelle sue diversità, deciso ad affrontare e superare i mali comuni che lo affliggevano. In questo contesto va letto l’articolo relativo al “Manifesto” delle donne di Accettura.
Esse in poco meno di una decina di punti elencavano i mali che affliggevano questo piccolo paesino sperduto dell’entroterra della regione più povera d’Italia, la Basilicata. Sorprende leggere che in questo borgo di 5000 anime , dove mancava acqua , luce, servizi igienici, dove la fame di terra e di lavoro costringeva alla povertà e all’emigrazione la gran parte degli abitanti, vi fosse  in quel dicembre 1947 un centinaio di donne iscritte all’UDI (Unione Donne Italiane) organizzazione femminile dei partiti di sinistra, tenendo conto che appena due anni prima, al Congresso dell’UDI,  tenutosi nell’ottobre 1945, a Firenze, l’unica regione a non essere rappresentata fosse proprio la Basilicata, per mancanza di delegate donne. E’ questo un segno come l’Italia in quei due difficilissimi anni  fosse in continuo rinnovamento ed era percorsa da una voglia di cambiamento e partecipazione  alla vita politica e sociale e dove anche le donnevolevano dire la loro. Quel “Cahier des doleances” delle donne di Accettura, lo specchio dei mali che affliggono gran parte del Sud, pubblicato sul quotidiano la Voce, nell’edizione napoletana,  è anche la richiesta di scuse a quell’intellettualità, “di sinistra”, che per troppo tempo aveva  dimenticato la”cenerentola” delle regioni d’Italia, la Basilicata.
....
-L’anno 1947, addì 11 del mese di dicembre , nella sede della sezione Partito Socialista Italiano, gentilmente concessaci per l’occasione , presenti circa un centinaio di iscritte, dopo ampia discussione è stato approvato all’unanimità il seguente Ordine del giorno:
L’Unione delle donne di Accettura fiduciosa nel buon esito del Congresso democratico del Mezzogiorno, convinta che solo mettendo alla luce del sole le vergognose piaghe che da secoli deturpano il Mezzogiorno d’Italia sarà preso a cuore il problema della nostra Terra.
Espone alcune delle tante piaghe che , pur essendo di Accettura, non mancano al 99 per cento dei comuni del Mezzogiorno:
a)Abitazioni. L’80 per cento delle famiglie vive in un solo vano che fa da cucina , da camera da letto per i genitori e i figli, (sempre numerosi), da sala da pranzo, da deposito magazzino di legna , generi alimentari e attrezzi. Vani per lo più a piano terra, ma non pochi, sotto il livello stradale. La luce e l’aria quasi sempre è data solo dalla porta, che anche in casa o di malattia di uno dei componenti del nucleo famigliare o di intemperie, deve necessariamente rimanere aperta.
Oltre ai componenti della famiglia alloggiano nello stesso vano, sistemandosi alla meglio, polli conigli e maiali, e spesso l’asino.
L’indigenza e la ristrettezza dello spazio costringono a dormire in uno stesso letto l’intera famiglia ; si deve solo sanità morale del nostro popolo se i casi di incesto non sono frequenti.
Ma se la sanità morale resiste da noi non così la sanità fisica; l’ambiente in cui viviamo, il lavoro sfibrante, al quale siamo sottoposti, la scarsa alimentazione, la malaria, l’acqua che tratteremo in appresso, fanno sì che i nostri figli, quando sopravvivono (sono pochi!) crescano deboli, pallidi e piccolini, con i segni inconfondibili di una razza in disfacimento; giovani di vent’anni mostrano di averne quaranta.
b) Acqua potabile: Un paese ricco di acque e di buone acque, ironia della sorte, non ha mai acqua sufficiente e igienicamente pura. L’acquedotto locale attraversa una zona franosa e ad ogni sensibile spostamento del terreno s’interrompe costringendo la popolazione ad attingere acqua dai pozzi e dalle cisterne, o s’inquina permettendo l’infiltrazione del terreno.
c) Fognature: Qualche famiglia ha il gabinetto di decenza, una o due il bagno, nessuna famiglia l’acqua corrente in casa.
d)Assistenza sanitaria :Il più vicino ospedale dista circa 100 kmt.
 
e) Comunicazioni: si è collegati col capoluogo e con i comuni sede di Pretura , dell’ufficio IIDD (imposte dirette), del Registro, con lo scalo ferroviario che dista 32kmt, con una autocorriera giornaliera, escluso i festivi, , che nonostante l’orario di partenza, ore 5, 40 non arriva in tempo per i primi treni e costringe per molte ore in attesa in stazione, e non permette il ritorno in sede nella stessa giornata anche a coloro che si recano al paese più vicino.
f) Scuole: Manca un edificio scolastico, le scuole sono locate in stabili privati didatticamente e igienicamente inadatti.
g) Terreni: Il territorio di Accettura , in gran parte alpestre e sterile , dopo un anno di  estenuante lavoro non dà in media che tre sementi. Centinaia di ettari di terreni della foresta demaniale di Gallipoli Cognato che in tempi non remoti apportavano la ricchezza al paese ora sono vietati alla colonizzazione. Dopo tante e dispendiose pratiche, bontà sua,  il Demanio ha concesso circa 50 ettari di terreni da mettere a coltura.
Copia del presente viene trasmessa al comitato Direttivo dell’UDI, via Giustiniani 5, Roma e al Comitato iniziativa Congresso Democratico Piazza Dante Napoli.”-
per leggere l'intero articolo cliccare su grido di dolore delle donne di Accettura http://www.pugliantagonista.it/archivio/1947_2_grido_donne_accettura_cahier_doleances.htm
ANTONIO CAMUSO
ARCHIVIO STORICO BENEDETTO PETRONE
 Brindisi 19 dicembre 2016, …69 anni dopo



La morte di Guido Dorso: una perdita per la Democrazia

70 anni fa la morte di Guido Dorso


Un grande vuoto nel riscatto democratico del Meridione 

L'articolo di Antonio Camuso per la pagina cultura del Quotidiano del Sud/corriere dell'Irpinia  

(pubblicato nella pagina Cultura del  Quotidiano del Sud/Corriere dell'Irpinia del 15 gennaio 2017)



Pochi giorni fa ricorreva  il 70esimo anniversario della morte di  un grande figlio dell’Irpinia e del quale l’intero Mezzogiorno d’Italia dovrebbe esser fiero per aver avuto in lui  uno dei più convinti sostenitori.  Guido Dorso, avellinese di nascita,  quasi a suggellare  il rapporto filiale con la sua terra , il 5 gennaio del 1947, spense la sua breve esistenza  nella sua città di origine.  In suo ricordo sono intitolate scuole, come l’ITIS di Avellino, vie e piazze  di molte città e paesi in gran parte nel Meridione,  grazie ad intellettuali, uomini di cultura,  politici di altri tempi che vollero con questo gesto , forse un po’ tardivamente , riconoscere l’importanza dell’impegno morale ed umano, prima che politico, ad uno studioso, scrittore, giornalista, avvocato,ma innanzitutto un politico meridionalista convinto.
Oggi viviamo in un’era in cui i grandi ideali e i grandi sognatori come Guido Dorso sembrano esser destinati all’oblio ed in cui cultura e politica vivono e si nutrono dei “mi piace” ricevuti dalla Rete o dall’audience sui media.Guido Dorso,  non fu  un uomo che amava sottomettere  il suo pensiero al manierismo o al raggiungimento del  facile consenso. La sua indomabile volontà ed il carattere fermo, duro e ostinato come solo i figli dell’Irpinia sanno dimostrare, ebbero riconoscimento della stessa polizia politica fascista che lo tenne d’occhio durante gli anni in cui, a causa delle leggi bavaglio sulla stampa imposte da Mussolini, si ritirò nella sua Avellino, rinunciando alla attività di giornalista....

per leggere l'intero articolo pubblicato su pugliantagonista.it clicca su

LA MORTE DI GUIDO DORSO :UNA PERDITA PER LA DEMOCRAZIA

Antonio Camuso

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 8 gennaio 2017

 

 

 

Il prestito per la Ricostruzione. Il ruolo della Camera di Commercio di Avellino nella rinascita dell'Italia

La Camera di Commercio di Avellino  e il Prestito per la Ricostruzione 


L’impegno della Camera di Commercio irpina, 70 anni fa,  nella rinascita della nostra provincia.

L'articolo storico di Antonio Camuso, nella pagina Cultura del Quotidiano del Sud/corriere dell'Irpinia

(ARTICOLO in attesa di esser PUBBLICATO NELLA PAGINA CULTURA DEL QUOTIDIANO DEL SUD/CORRIERE DELL'IRPINIA) e di cui pubblichiamo brevi passaggi 

L'impegno della Camera di Commercio irpina, 70 anni fa

....Anche in quest’inizio d’anno i problemi finanziari ed economici del nostro paese guadagnano le prime pagine dei giornali, divenendo  l’ennesimo cavallo di battaglia di scontro politico tra governo ed opposizioni. Forse sarebbe opportuno per tutti noi ripensare a come, su questi  argomenti, esattamente 70 anni fa, il popolo italiano, nonostante le divisioni ideologiche, seppe  dar prova di unità, condivisione e  senso di responsabilità collettiva verso il bene e il destino comune di un’Italia uscita rovinosamente dalla guerra voluta dal fascismo...

...Fu proprio alla difesa del valore della Lira e del sistema finanziario della appena nata Repubblica Italiana che  i nostri padri e nonni contribuirono alle operazioni di raccolta di denaro pubblico come il PRESTITO DELLA RICOSTRUZIONE (autunno 1946 - gennaio 1947).  Per il suo successo si mobilitarono le forze migliori del nostro paese senza  distinzione di parte e di classe, coinvolgendo partiti, sindacati e associazioni di categoria , mentre  ampi spazi pubblicitari del Prestito furono ospitati dai giornali nazionali e locali e le Poste emisero affrancature  e annulli agevolati, in un tempo in cui scriversi per lettera era l’unico modo di comunicare notizie ed emozioni personali....
In quell'inverno 1946-47in  Irpinia si  campava di pane e patate e dei prodotti della terra, per chi aveva la fortuna di averla  e per chi riusciva a commerciarli. La difficoltà per il commercio nella nostra provincia non erano le distruzioni della guerra, che pur vi eran state, ma innanzitutto  quelle nei collegamenti. In questo la Camera di Commercio di Avellino fu attiva nello spingere  affinchè  le infrastrutture , sia quelle ferroviarie che viarie, fossero ammodernate e messe al servizio di lavoratori ed imprenditori.Di quest’opera meritoria ne abbiamo traccia  negli stessi giornali dell’ epoca  cui precedentemente facevamo menzione:
“Nuovi treni per la Benevento_Avellino. Grazie all’interessamento  della Camera di Commercio di Avellino il  compartimento delle FFSS di Napoli annuncia  che a decorrere dal 1 dicembre 1946  i treni 2654 e 26555 attualmente limitati fino ad Altavilla Irpina arriveranno fino a Benevento , Porta Rufina. “....

...E’ un’interessamento convinto, da parte della Camera di Commercio di Avellino e del suo Presidente sul problema dei collegamenti tra il capoluogo e il resto della Regione , quello che spingeva a promuovere ed ospitare, il mese dopo, il 20 gennaio 1947, una “Conferenza sui Trasporti e Comunicazioni” presso la sala della Camera di Commercio irpina. ...
... Un incontro presieduto dal Presidente della Camera di Commercio di Avellino per fare il punto su diversi progetti  di ammodernamento ferroviario, ma anche di miglioramento viario.

....Si dovette attendere gli anni 60 e ai primi governi di centrosinistra affinchè anche il nostro Meridione potesse veder restituito , in opere pubbliche ed investimenti produttivi,  parte di quel credito dato così generosamente. Purtroppo alcune  di quelle opere  son state poi ritenute inutili e sorpassate e letteralmente rapinate alla comunità, in nome di un finto progresso e di meri calcoli contabili. La stoltezza di certe scelte , quali per esempio l’abolizione di tratte ferroviarie come la Avellino-Rocchetta,  la si è compresa in questi giorni di emergenza neve dove   il trasporto su ruote, in un territorio montuoso come il nostro,  ha visto tutti i suoi limiti. Ci auguriamo  che come allora si possa avere  la voglia  e la forza  di  impegnarsi collettivamente nella rinascita della nostra provincia, superando steccati e divisioni e prendendo spunto dall’opera di chi ci ha preceduto.

Antonio Camuso

Archivio Storico Benedetto Petrone

sabato 22 luglio 2017

Montella 20 luglio 1937, ara votiva SS Salvatore e prime prove di turismo ferroviario

 Montella (AV) 20 luglio 1937 :pagine ingiallite di storia locale.


L’ara votiva sul santissimo Salvatore e prime prove di Turismo (ferroviario)organizzato



 Chi per passione fa l’archivista  e ril ricercatore storico  , come il sottoscritto, sa che  a sfogliare  vecchie pagine ingiallite di giornali di quasi un secolo fa ,  gode di quella sensazione di viaggiare nel tempo che lo accomuna con gli archeologi  mentre  sono intenti  in qualche “scavo”. In entrambi i campi  sono pochi gli Indiana Jones che si imbattono in tesori favolosi o notizie  choccanti, ma il gusto di rivivere  luoghi e fatti passati è altrettanto emozionante  anche nelle piccole notizie che si traggono dalla lettura dei giornali d’epoca, ancor più quando  si va a spulcilre con la lente di ingrandimento le “notizie di cronaca locale”
Il Mattino, 21 luglio 1937 ( fondo “Montella “ , Archivio Storico Bendetto Petrone)
L’ara votiva sul santissimo Salvatore.
Mentre la prima pagina del giornale napoletano “Il Mattino” apre a titoli cubitali sulla morte di Guglielmo Marconi,  in un anno che vede l’Italia imperiale e mussoliniana, illudersi di aver conquistato il suo posto tra le grandi nazioni e di poter  incidere sui destini del Mondo, la lettura  delle pagine interne  dedicatealla vita locale è  nello stile soporifero  e di addomesticamento delle coscienze,consona a tutti i giornali di regime. Le cronache danno un’immagine aulica della vita  degli strati popolari , dove povertà e disoccupazione sembrano aboliti,  che ci si diverta  tra sabati fascisti e cerimonie commemorative nazionaliste  ed addirittura  ci sia anche il tempo e la disponibilità economica per dedicarsi al turismo. 

Montella 20 luglio 1937: auspice il nostro Podestà avv cav Bruni Montella esaudirà quello che per anni  è stato un suo vivo desiderio , un ricordo dei suoi Eroi. Infatti con un recente provvedimento  della Giunta Provinciale , è stato approvato il deliberato del podestà , che devolve la somma di Lire 10.000 – raccolta circa tre lustri or sono per la costruzione di un monumento  e passata attraverso un annosa procedura, - alla costruzione di un’Ara Votiva, sul Monte del santissimo Salvatore , presso il miracoloso santuario. Il ricordo sarà opera dell’Ingegne r Cianciulli, che gratuitamente ha redatto il progetto , che sarà eseguito per il giorno 6 agosto in occasione del pellegrinaggio  su quel sacro monte.
Treno e turismo universitario in camicia nera a Montella.
Montella 20 luglio: come già annunciato il GUF  (Gruppi Universitari Fascisti)di Avellino ed i nuclei della provincia saranno a Montella per un’escursione sull’altipiano di Verteglia( m.1100) e sul Monte Terminio( m 1780).
Alla testa dei giovani universitari sarà il Federale di Avellino dott Vittorio Campanile.
I partecipanti saranno ospiti del comune di Montella. Al loro arrivo fissato per le ore 10, tutte le autorità, il Fascio, le organizzazioni giovanili, saranno presenti allo scalo ferroviario per riceverli. Alle ore 11 dopo l’omaggio ai caduti della Grande Guerra, il Podestà li riceverà nel palazzo comunale.indi si effettuerà una visita ai lavori della rotabile che porta al Santuario del Santissimo Salvatore ,costruzione il cui merito è del cav Bruni che sta vincendo una battaglia per l’incremento del turismo in provincia.
Gli ospiti la mattina successiva compiranno un’escursione sul Terminio.  Il ritorno avverrà nel pomeriggio onde poter rientrare in serata ad Avellino . Per gli universitari l’iscrizione è di sole lire 7 e si può fare sia ad Avellino che a Montella.
Considerazioni in breve .
 E’ amaro constatare che 80 anni fa  l’idea dell’utilizzo della ferrovia Avellino Rocchetta come mezzo di promozione turistica e di apertura  verso  il mondo esterno delle parti più interne  dellla “verde e boscosa Irpinia”  fosse  un dato di fatto, mentre oggi  quell’importante mezzo di collegamento è ritenuto , un ramo secco, da mandare in malora come  stanno andando in questa torrida estate fiumi e boschi . Ci auguriamo che iniziative come quella  di fine agosto che in occasione dello Sponz Festival , “risusciterà” quella tratta ferroviaria, possano essere propedeutiche ad illuminare burocrati, amministratori e politici da strapazzo capaci di guardare il futuro attraverso  i conti maldestramente scritti su qualche quaderno più ingiallito dei giornali che noi abbiamo in questa pagina riproposto.
Antonio Camuso

Archivio Storico Benedetto Petrone