lunedì 22 dicembre 2014

Sant’Andrea di Conza (AV) 23-24 dicembre 1980
Quando sindaco e carabinieri dissero ai volontari:”-Scava con noi , ma fai Natale con i tuoi! “-E  li espulsero con foglio di via.
L’altra faccia del terremoto in Irpinia
I GIORNI DEL VOLONTARIATO “SCOMODO” A CONZA, i fogli di via, le perquisizioni su donne nelle parti intime condotte “non in modo morboso” da militi maschi…

http://www.pugliantagonista.it/archivio/1980_terremoto_conza_ondarossa.htm


E ‘ una vicenda emblematica  che alla luce delle polemiche di come fu gestita la fase due (quella della ricostruzione e  della gestione dei fondi legata ad essa) fa comprendere  l’importanza dell’eliminazione di tutte le voci scomode, ovvero i volontari che denunciavano ritardi, imboscamenti, malefatte di amministratori, politici ed addirittura religiosi,  e come dovessero al più presto essere  allontanati onde evitare che la popolazione si svegliasse ed incominciasse ad effettuare un controllo popolare su ogni atto, ogni soldo degli aiuti in arrivo.
 1 dicembre 1941 
nasce il reggimento delle Streghe della Notte
le donne pilota russe che terrorizzavano
 ogni notte i tedeschi 
Le streghe della Notte  di Marina Rossi edizioni UNICOPLI  a dir il vero non è l'unico libro in italiano scritto su questo argomento,  ma l'autrice lo ha ha affrontato con lo stile  scientifico della ricercatrice ma anche con la sensibilità tutta femminile che le ha permesso di intervistare in maniera così corretta le superstiti appartenenti a quel mitico reparto di pilote antinaziste , producendo un libro che consiglieremmo a tutte\i di leggere.

martedì 16 dicembre 2014

LE ATTIVITA' DELLA LILA 
(LEGA ITALIANA LOTTA  ALL'AIDS) 
A BRINDISI





IL MEMORIALE ITALIANO DI AUSCHWITZ DEVE ESSERE RIAPERTO!
NO ALLA CANCELLAZIONE DELLA MEMORIA DEI DEPORTATI ITALIANI 

 per leggere articolo completo e appello da sottoscrivere andare al link  http://www.pugliantagonista.it/archivio/memoriale_italiano_Auschwitz.htm
Riportiamo il comunicato dell'ANED e l'Appello dei ricercatori dell'associazione Gherush92



Pubblichiamo integralmente il testo di un comunicato diffuso nella tarda mattinata del 21 ottobre 2014 dall'ANED.
La direzione del Museo statale del Lager di Auschwitz ha disposto dal luglio 2012 la chiusura del  Blocco 21 del Lager che ospita il Memoriale ai deportati italiani realizzato per conto dell’Associazione degli ex deportati nel 1979 rendendolo inaccessibile al pubblico, e oggi ne ha ordinato lo smantellamento. Si tratta di un’eccezionale e innovativa opera d’arte, forse la prima multimediale contemporanea, frutto dell’ingegno e della passione di uomini di indiscusso valore internazionale, come Primo Levi, Lodovico Belgiojoso, Luigi Nono, Nelo Risi, Pupino Samonà e altri.
L’Associazione che riunisce gli ex deportati, i familiari dei deportati uccisi e chi intende salvaguardare la memoria della deportazione denuncia che nessuno dei governi che si sono succeduti dal 2008 a oggi ha ottemperato all’elementare dovere di difendere quell’opera d’arte, rilevante bene culturale che ha onorato l’Italia nel mondo, dal tentativo di una prevaricazione politica su un’opera di cultura. Una prevaricazione tanto più grave, in quanto attuata da un paese nostro partner nell'Unione Europea.
La libertà di pensiero e di espressione di cui godiamo nel nostro paese e in Europa discendono anche dal sacrificio e dal martirio degli 8000 ebrei e dei 32000 uomini e donne italiani deportati perché oppositori del fascismo e del nazismo, ma l’Italia nulla ha fatto contro una violazione dell’espressione artistica e della verità storica proprio là dove tanti deportati hanno sofferto e sono stati uccisi.
L’ANED, proprietaria esclusiva del Memoriale, ha rigettato e rigetta con riprovazione ogni tentativo di riscrivere la storia e ogni ipotesi di censura dell’opera, che va salvaguardata nella sua integrità, nel rispetto del progetto originario.
Preso atto con indignazione ed enorme rammarico dell’impossibilità indisponibilità della Direzione del Museo di Auschwitz di continuare a accogliere il Memoriale italiano proprio mentre si preparano le celebrazioni del 70° della liberazione, l’ANED ha in corso avanzati negoziati con la Presidenza del Consiglio, con la Regione Toscana e con alcuni Comuni per salvare il Memoriale trovandogli una nuova dignitosa collocazione in Italia, dove possa continuare a testimoniare la Memoria della Deportazione ed essere meta di pellegrinaggi, soprattutto da parte di scuole di ogni ordine e grado.
Rispettando i tempi imposti dalla direzione del Museo, che ha disposto lo smantellamento dell’opera entro il prossimo mese di novembre, l’ANED conferma che entro fine ottobre deciderà tra le diverse opzioni, con l’obiettivo di riallestire ed esporre nuovamente al pubblico l’opera al più presto, e comunque entro il 2015.
L’Aned rivendica il diritto dell’Italia a mantenere anche in avvenire una propria installazione al Blocco 21 del campo di Auschwitz e conferma il proprio inalienabile diritto di concorrere alla progettazione e alla realizzazione del nuovo allestimento, nel ricordo di tutti i deportati italiani.

                             
       La Presidenza Nazionale dell’ANED

martedì 2 dicembre 2014

9 DICEMBRE 2014
L'ANPI DI BRINDISI  HA COMMEMORATO 
IL PARTIGIANO FRANCAVILLES
DELLA PORTA



In un teatro affollato da studenti e professori, il Sindaco di Francavoilla e il prefetto di Brindisi con la loro presenza e nei loro interventi hanno reso onore al partigiano della Porta per troppo tempo dimenticato. Ad essi si sono aggiunti gli interventi dello scrittore Sandro Rodia autore di un libro ricerca sul partigiano, il professor Liuzzi e il presidente dell'ANPI di Brindisi, Donato Peccerillo
Al termine un omaggio floreale all'anziana sorella di Della Porta che insieme ad alcuni suoi parenti ha assistito all'iniziativa.


 1 dicembre 

giornata mondiale  

di lotta all'AIDS


LE INIZIATIVE DEL CENTRO SOCIALE DI BRINDISI NELLE FOTO D'EPOCAI VOLANTINI, I LOGHI, PARTENDO DAGLI ANNI 80 PER GIUNGERE AGLI ANNI 2000





venerdì 28 novembre 2014

Terremoto Irpinia: una vecchia lettera di Gino Camuso sugli aiuti da Brindisi ai terremotati montellesi

 Montella, terremoto 1980 : Una lettera di mio padre ,Camuso Luigi, attestante la solidarietà che si innescò  qui a Brindisi nei confronti dei terremotati  e il suo sforzo affinchè gli aiuti giungessero anche nel suo paese natale.

-“Carissimi figli…sono stato a Montella con tre camioncini carichi di ogni cosa concessemi  dal Prefetto e dall’assessore alla sanità di Brindisi  e sono stato a distribuirli personalmente coadiuvato da quattro vigili urbani brindisini , tutto distribuito ai quartieri più poveri quali Garzano, la Serra e San Pietro ….Lì Montella è metà devastata dal terremoto e buona parte resa inabitabile…son potuto entrare soltanto per quattro minuti in casa nostra  ed è quasi salva ( purtroppo i danni si rivelarono in seguito più gravi e fummo costretti a ricostruirla NdR) i parenti sono tutti salvi, ma molti miei conoscenti morti o feriti…”-

Il caso ha voluto che qualche giorno fa ritrovassi questa lettera, tra quelle archiviate da mio padre e che per colmo della coincidenza incontrassi  in seguito un signore anziano, anche lui poeta dilettante come mio padre, che  mi confermava puntigliosamente quanto mio padre aveva scritto.
Il signore è l’ex vigile urbano di Brindisi, Antonio Martongelli, oggi in pensione ed attivo socio dell’Associazione Marinai d’Italia:-“ Come  posso scordarmi di Gino Camuso! Un amico col quale abbiamo condiviso negli anni scorsi la passione per la poesia , partecipando a numerosi concorsi. Ricordo perfettamente come l’ho conosciuto. Era il 26 o il 27 di novembre,  ero nell’ufficio dei vigili, quando ce lo vedemmo entrare in Comune agitatissimo, chiedendo che voleva parlare con il Sindaco, poiché il suo paese, Montella, era stato colpito dal terremoto e voleva che non succedesse che da Brindisi, la città in cui lui aveva prestato servizio come militare, in Marina, non arrivasse un segno di aiuto ai terremotati montellesi. Fece tanto “casino” che alla fine  quando partì il convoglio di aiuti da Brindisi, gli fu concesso che lui guidasse alcuni camion sino a Montella, accompagnato da alcuni vigili e tra questi c’ero pure io a distribuire gli aiuti…fu un’esperienza indimenticabile…”-
Questa è una piccola testimonianza di come Puglia terra di solidarietà  rispose all’appello di Pertini , lanciato a 48 ore dal disastro.
“-Soltanto alla data del 29 novembre la Puglia aveva inviato materiali e viveri per molti miliardi di lire, 50 roulottes, una ventina di prefabbricati, un’ospedale da campo, da Bari un’autocolonna con mezzi da scavo formata da 20 camion carichi di pale meccaniche, buldozer e 50 tecnici per adoperarli, 19 delegazioni di operai specializzati e dirigenti sindacali. Inoltre 250 camion pieni di viveri, indumenti e medicinali e mille pasti preconfezionati...(dal dossier ore 19,35 il minuto che ha rotto l’Italia.Quaderni di Lotta Continua n 2 )
Da Brindisi si mobilitarono, associazioni, sindacati partiti ed anche i ragazzi del Centro Sociale di Brindisi come ricorda Mario Merico( che  fu il Presidente della cooperativa che lo gestiva in convenzione) in una intervista da noi raccolta qualche anno fa, mostrando l’attestazione di ringraziamento del comune di Castelgrande in provincia di Potenza dove una parte dell’autocolonna di soccorso brindisina fu smistata.  (http://www.pugliantagonista.it/archivio/irpinia_terremoto.htm)
Oggi quei fatti sembrano provenire da un passato remotissimo, quando solidarietà, fratellanza  facevano parte dell’humus sociale , che oggi sembra essere messo continuamente in discussione…
Antonio Camuso

Brindisi 28 novembre 2014

lunedì 24 novembre 2014

TERREMOTO IN IRPINIA 23 NOVEMBRE 1980IL DISCORSO TELEVISIVO DI PERTINI A 48 ORE DI DISTANZA   CON LA DENUNCIA SUI MANCATI SOCCORSI

http://www.pugliantagonista.it/archivio/irpinia_terremoto.htm



domenica 23 novembre 2014

23 novembre 1980:terremoto in Irpinia
DAI QUADERNI DI "LOTTA CONTINUA"
LO SPECIALE TERREMOTO
ORE 19,35 , IL MINUTO CHE HA ROTTO L'ITALIA
LE FOTO DI TANO D'AMICO

TANO D'AMICO, IL FOTOGRAFO DEI MOVIMENTI, CHE FU TESTIMONE  DEI MOMENTI PIU' CRUCIALI DEGLI ANNI 70 E CHE  ANCOR OGGI CONTINUA CON LA SUA PRESENZA  ED IL SUO LAVORO, L'IMPEGNO CHE LO PORTO' A COLLABORARE  ALLORA CON LOTTA CONTINUA , è L'AUTORE DELL'INSERTO DEL "QUADERNO N 2 DI LOTTA CONTINUA"  DEDICATO AL TERREMOTO.
Il titolo dell'inserto è LE PERSONE, avendo Tano privilegiato mettere in risalto i volti dei terremotati, in particolare le donne, la loro muta sofferenza, dinanzi alla tragedia del terremoto, il loro essere in prima fila nel resistere , nonostante la neve e la pioggia che allaga le tende, il freddo. Nell'inserto si menziona Sant'Angelo dei Lombardi come luogo  dove potrebbero essere state scattate queste foto , ma potrebbe essere anche Lioni o altre località limitrofe


venerdì 14 novembre 2014

Sistema A e le riviste tecniche degli anni 50.Non solo ricordi d’infanzia , ma anche un passato da cui poter trovare la forza di ripartire…

http://www.pugliantagonista.it/openarea/sistema_a.htm
Sistema A e le riviste tecniche degli anni 50.Non solo ricordi d’infanzia , ma anche un passato da cui poter trovare la forza di ripartire…

Dopo una giornata di lavoro tra computer, telecomandi  a distanza di sistemi di comunicazione aeronautica e noiosi report su guasti telefonici, il caso mi porta a ritrovare nel mio scantinato un  impolverato scatolo di cartone contente la mia collezione di riviste tecnico-scientifiche degli anni 50 ed immediatamente un mare di ricordi mi assale …
Sistema A, Sistema Pratico, Fare,  sono nomi di riviste  che mi accompagnano sin da bambino alla scoperta di quel campo editoriale grazie al quale mi avvicinai al mondo della tecnica, dell’elettronica, della radio, ma anche  ed ancor più ad un concetto di vita, più che un hobby, il fai da te, ovvero , imparare a conoscere e sviluppare le proprie capacità, affrontare le difficoltà usando il cervello , ma anche sporcandosi  le mani usando atterezzi da falegname , meccanico, elettricista. Esperienze più facili da farsi negli anni che precedettero il boom economico e l’avvento del consumismo, piuttosto che oggi dove  tutti noi, giovani compresi, siamo letteralmente inondati da prodotti ipertecnologici ma la cui vita commerciale è più breve di quella di una farfalla, e la possibilità di trovare ogni soluzione andando al marcket o addirittura via internet, castra ogni volontà di mettersi in gioco nell’autocostruzione e nella sperimentazione dilettantistica.
Esperienze di autocostruzione ed autoapprendimento, proposte in quelle riviste, che produssero in un intera generazione quella spinta a progredire individualmente e collettivamente nel campo delle conoscenze tecnico-scientifiche-professionali. Una generazione che andò  a popolare  fabbriche, officine, laboratori, scuole, e contribuì a trasformare l’Italia in uno dei paesi più industrializzati e capaci di esportare progettualità , design, stile e tecnologia all’estero.
Il mio incontro da bambino con Sistema A fu casuale, grazie ad un mio parente che ne aveva acquistato delle copie all’inizio degli anni 50 e che  io, ragazzino delle elementari  letteralmente divorai, incuriosito dalle copertine che richiamavano i fumetti americani e sulle quali si invitava a costruirsi da soli giocattoli , radio, aeromodelli, il cui acquisto sarebbe stato impossibile per le modeste condizioni economiche della famiglia media italiana.
Ben presto dal passare dalla lettura al mettere in pratica i progetti più semplice di quelle riviste, il passo per me  fu breve, spinto dagli incoraggiamenti di quel mio parente e d in seguito da un indimenticabile professore di applicazioni tecniche di scuola media inferiore,  Benussi Bruno, uno dei tanti profughi istriani  accolti a Brindisi, nel primo dopoguerra.
Mi cimentai così nei lavori di seghetto e traforo, con legno e compensato, passando in seguito , grazie agli articoli di Sistema A,  alla costruzione in balsa di alianti e veleggiatori. La mia passione per l’aeromodellismo coinvolse i miei compagni di classe , e la mattina prima del campanello d’inizio,  improvvisavamo gare di volo , lungo via Asmara ove era ubicata la scuola media Dante Alighieri o nel pomeriggio nei campi che circondavano il rione Cappuccini –Minnuta.
Ma quegli anni erano anche quelli del diffondersi dell’elettronica di consumo: radio e televisione divennero indispensabili in ogni casa e persa la funzione di essere soprammobili parlanti si trasformavano, rimpicciolendosi in appendici funzionali dell’”omus consumatori”.
Fu così che mi avvicinai ai “misteri dell’eletronica” anche grazie a progettini di radioline, gadget elettrici ed elettronici che man mano proliferavano sempre più su Sistema A ed ancor più sulla rivista  concorrente Sistema Pratico. Senza accorgermene, quasi per gioco, in quegli anni gettavo le basi al mio futuro e con un po’ di fortuna e tanto sacrificio iniziai a lavorare poco più di dieci anni dopo nel campo dell’elettronica asservita alle esigenze del mondo aeronautico…
Nel frattempo anch’io ero divenuto un acquirente di riviste Tecniche : Tecnica Pratica, Radiopratica, Radioelettronica, CQ-Elettronica, Nuova Elettronica e tante altre ancora, eppure nessuna di esse aveva il fascino e la “pretesa “ di Sistema A, dove A valeva l’italianissima arte dell’Arrangiarsi, quella che aveva permesso l’Italia e gli Italiani di risollevarsi dalle devastazioni economiche e morali della guerra  e costruirsi giorno per giorno con le proprie mani un futuro diverso.
Consiglierei  ancor oggi a giovani e meno giovani di procurarsi nei mercatini  dell’antiquariato o su e-bay qualche copia di Sistema A o Sistema Pratico  e di provare a cimentarsi in uno di  quei progetti ancor oggi attuali e a recuperare l’amore per l’artigianato, inteso come espressione autentica dell’uomo, ovvero capacità di costruirsi con le proprie mani  ciò di cui si ha bisogno,  non delegando a qualche ignota fabbrica iperrobottizzata tale compito.
Alcuni cenni sulle riviste Sistema A e Sistema Pratico attraverso uno sguardo su alcune copertine e pagine interne.
In questo articolo riproduco alcune copertine storiche di Sistema A. Si tratta del n°2-3 del 1951, ove l’immagine-progetto di copertina è quella di una “pulce d’acqua” ovvero un canotto-barchetta da realizzarsi con “i mezzi e il materiale a propria disposizione”. Nel numero successivo, il N° 3-4 del 1951, il progetto-copertina è quello della realizzazione di un aquilone con relativa macchina forografica automontata per realizzare foto dall’altro.La copertina  del dicembre 1953 è una alle quali ci sono più affezionato, poiché pubblicizza la costruzione di un telescopio, impresa alla quale mi cimentai tredicenne con mia grande soddisfazione, pur avendo a disposizione mezzi limitatissimi.Invece nella precedente copertina del marzo 1953 è il mondo magico e “caldo” delle valvole a far da padrone, con l’invito a costruirsi una chitarra elettronica e relativo amplificatore a valvole.
Ma  il cambiamento di gusti e di interesse dei lettori di questo particolare settore editoriale impone negli anni del consumismo un cambiamento radicale,  a riviste come Sistema A o sistema Pratico, orientandosi  sempre più nel campo dell’eletronica marginalizzando progetti e progettini su traforo, compensato o altri  lavori in legno e\o di economia domestica. E’ emblematica la copertina di Sistema A del dicembre 1960 dove spicca in alto un amplificatore a valvole su circuito stampato, e in basso un elenco di articoli riguardanti la costruzione di un cerca guasti per radio e tv, un ripetitore a Transistor, un misuratore di fase,un illuminatore multiplo fotografica, un magnetizzatore –smagnetizzatore ed infine esperimenti conn la luce polarizzata. Al centro della copertina l’immagine di alcuni bambini seduti su delle poltroncine ricavate da dei tubolari di alluminio e non c’è immagine migliore per quegli anni, dove il benessere economico da il via ad un baby-boom demografico, con una iniezione di ottimismo e freschezza nell’intera società italiana.
Le altre pagine di post-copertina di Sistema A.
Proseguendo la nostra mini- indagine su questa rivista, nella facciata interna di copertina scopriamo come Sistema A riuscisse a proporre sempre nuovi ed interessanti articoli: la collaborazione dei propri lettori incentivata da una proposta di gara con premi in denaro che andavano dalle 35.000 lire per il primo premio, ovvero l’articolo che sarebbe stato pubblicato in prima pagina, e le 3000 lire per i classificati dal 5 posto al decimo.
Casa editoriale , costi, abbonamenti.
Era la casa editrice Capriotti  con sede a Roma la proprietaria della rivista, il cui costo per copia negli anni 50 era 100 lire, innalzandosi  a cavallo del 1960 a ben 150 lire, l’equivalente di un chilo di pane condito con un etto di mortadella. Ma la casa editrice il cui direttore responsabile fu prima Sisto Favre e poi  Rodolfo Capriotti non si contentava del pubblicare questa interessante  rivista, ma  stampava diverse collane  di libri. C’era quella per ragazzi con titoli quali Pinocchio, l’omino turacciolo, ecc, o la collana per la cultura con autori come Kant, Dostoievsky ,ecc od ancora la collana “Documenti “dove  scopriamo si pubblicava un “Codice sovietico del lavoro”, o anche la traduzione del processo antitroskista del 1937,  ma ancora “Pagine federaliste e repubblicane” di Carlo Cattaneo, o “La regione nella Nazione” di Luigi Sturzo…
La Pubblicità
Naturalmente  per reggere i costi e la presenza di agguerriti concorrenti, solo un apporto economico consistente dalla pubblicità poteva aiutare la rivista a sopravvivere. Così  in ultima di copertina si pubblicizzavano aziende produttrici di attrezzature adatte per  permettere al dilettante di concretizzare i progetti proposti nelle pagine. E’ pubblicizzata così l’Aeropiccola , di stanza a Torino produttrice di attrezzatura per aeromodellismo, ma anche la Italmodel di Genova  specializzata nel modellismo ferroviario (oggi se facessimo una ricerca di mercato scopriremmo il vuoto industriale anche in questo campo dove cinesi e multinazionali fanno da padroni).Ma accanto a questo tipo di pubblicità , si registrava la crescente proesenza di quellea riguardante il settore delle scuole tecniche private come al scuola Politecnica Italiana  di Rpoma autorizzata dal ministero della pubblica istruzione . In questo campo, quello delle scuole tecniche per corrispondenza vogliamo ricordare anche la Scuola Visiola  che proponeva l’auto- costruzione per corrispondenza di un televisore in Bianco e nero ,ma infine come non dimenticare la Scuola Radio Elettra

15 novembre 1970:le lotte per la casa, l'arresto di Sofri e le espulsioni di militanti del PCI romano

15 novembre 1970: Le lotte per il diritto alla casa di 45 anni fa, tra arresti a Torino, tra i dirigenti di Lotta Continua e espulsioni di militanti nel PCI romano

http://www.pugliantagonista.it/archivio/lottacasa_70_sofri1.htm



Sono cronaca giornaliera, in questo scampolo di 2014, le manifestazioni per il diritto della casa e, sotto l'avanzare della crisi e il disagio crescente tra gli strati più proletarizzati della popolazione, le occupazioni abusive di alloggi popolari crescono in maniera esponenziale, in particolare nelle città metropolitane. I media in una campagna di criminalizzazione pongono in evidenza come cresce tra gli occupanti abusivi il numero di non-italiani e questo sta generando un ulteriore ondata di razzismo, mente singoli episodi di criminalità sembrano funzionali alla richiesta di condanna di tutti i tipi di occupazioni. La Repressione in particolare colpisce i militanti e le organizzazioni che appoggiano le lotte per il diritto della casa. Tutto ciò non è nuovo e vi proponiamo, invitandovi a leggere direttamnte dal nostro sito, le scannerizzazioni degli articoli della rivista Il Manifesto del 1970, inerenti alcuni episodi emblematici avvenuti esattamente 45 anni fa: l'arresto dell'allora dirigente di Lotta Continua,Adriano Sofri e la spaccatura nel PCI romano sulla questione se appoggiare o no il movimento degli occupanti delle case.

http://www.pugliantagonista.it/archivio/lottacasa_70_sofri1.htm

Le Trummerfrauen , le donne delle macerie, dimenticate nei festeggiamenti sulla caduta del Muro di Berlino

Ma Berlino Est e la DDR erano “uno di stato di polizia” o invece erano una realtà ben più complessa e con aspetti sorprendenti ed addirittura di cui oggi nel nostro paese saremmo invidiosi? Quale è stato il ruolo delle donne e delle Berlinesi nel cammino della ricostruzione economica, morale , e politica della Germania?

http://www.pugliantagonista.it/archivio/9n1989_2_trummerfrauen.htm



Premettiamo che non vogliamo fare del negazionismo sul fatto che la Germania Est pagò per un tempo eccessivamente lungo le conseguenze dell’aver dichiarato la guerra a mezzo mondo ed in particolare all’Unione Sovietica , provocandole decine di milioni di morti. L’essere stata inglobata forzatamente nel Patto di Varsavia che si contrapponeva alla NATO, e l’essere lo stato confinario, quello che avrebbe dovuto reggere il primo impatto ad una possibile invasione delle armate occidentali, e nel quale stazionavano le migliori truppe corazzate sovietiche, fece della Germania dell’EST, un paese sicuramente anomalo, in uno stato di perenne attesa dello scoppio della terza guerra mondiale. Né ci possiamo dimenticare dei moti operai dell’estate 1953 , che furono repressi nel sangue proprio grazie all’intervento delle Forze speciali sovietiche. Si dovette arrivare all ‘Ostpolitik del socialdemocratico WillY Brandt, affinchè tra il 1973 e il 1974 Berlino-est fosse riconosciuta diplomaticamente nel mondo occidentale. Il lungo cammino quindi che ha portato alla caduta del muro inizia molto prima che Carol, il papa, o Walesa , o Gorbaciov potessero avere voce in capitolo. Figurarsi poi se noi che siamo contro ogni muro che divida gli esseri umani potremmo essere nostalgici di quel Muro che divideva Berlino e di fatto il popolo tedesco, ma…

I lungo cammino della ricostruzione e della riunificazione, porta ai piedi le pantofole delle Trummerfrauen “le donne delle macerie”

La Berlino che ieri festeggiava il 25ennale della sua riunificazione è una città profondamente cambiata dai tempi del Muro, grazie alla mole immensa di capitali investiti dalla Germania occidentale dopo l’annessione del 1990 , l’aver utilizzato manodopera con costi fortemente ridotti rispetto a quelli dell’ovest e diciamo pure anche tanto entusiasmo, ma niente ha che vedere con il miracolo che fecero le Trummerfrauen berlinesi.

Loro le donne delle macerie, in una città senza uomini dai 18 ai 55 anni, con la vanga, il martello, la carriola ed il fazzoletto in testa e spesso con solo le pantofole di pezza ai piedi, ricominciarono a ricostruire Berlino mattone per mattone, nel senso letterale della parola. Delle Trummerfrauen, rimangono soltanto sparsi per Berlino e, Dresda ed altre città tedesche , delle statue commemorative in alcuni parchi pubblici e qualche foto sul web. Eppure quelle donne che avevano visto pioversi sulla testa quasi centomila tonnellate di bombe dagli aerei inglesi, americani e russi e subito il martirio dell’assedio e della caduta della città con la vittoria dell’Armata Rossa, che furono testimoni e vittime dei tanti casi di violenza a cui gli ufficiali russi posero freno a fatica e che cessarono definitivamente solo con l’istituzione della Kommandatur e la divisione quadripartita della città, le centinaia di suicidi la maggior parte femminili in quei giorni di sgomento e disperazione, nonostante tutto , loro, le donne berlinesi, resuscitarono Berlino.

La Berlino che per un tragico scherzo del destino era stata la città che aveva negato i voti a Hitler nelle elezioni politiche del gennaio 1933 e che sei settimane più tardi, nel marzo del 1933, quando i dirigenti dei partiti politici e dei sindacati di sinistra erano stati tutti incarcerati nei lager, aveva concesso forzatamente solo il 38 per cento dei voti al partito nazista alle amministrative berlinesi, quella città il 2 maggio 1945, quando si arrese, era” il più grande cumulo di macerie al mondo”.

Facendo un totale delle distruzioni edilizie di tutte le città tedesche, Berlino risultava possederne ben un settimo di cui 48.000 edifici totalmente distrutti, 23.000 gravemente danneggiati ( e di fatto da abbattere) e 172.000 non gravemente danneggiati. Nelle strade di Berlino vi erano 67 milioni di metri cubi di macerie , fatti di travi, pietre , calcinacci, pezzi di ferro e acciaio , da rimuovere e riutilizzare, per un peso totale di 100 milioni di tonnellate da rimuovere. Furono le donne , le berlinesi, di ogni età e condizione che fecero il miracolo ( altro che quello di cui si vanta oggi la Merkel!) vivendo in comunione, nelle strade polverose di quei giorni, un momento unico, che ancor oggi dovrebbe essere un esempio e monito contro la follia della guerra e l’importanza della cultura femminile della vita come anticorpo ai disvalori dell’odio e della morte. Furono loro, con ciabatte e stivaloni ai piedi, un fazzoletto in testa e gli arnesi da lavoro a rimuovere macerie, recuperare mattoni e il ferro, salvando mobili e vestiti sepolti, mangiando un raffermo pane nero, accanto al fuoco di improvvisate collettive cucine da campo, erano loro che ritornavano la sera con il sorriso sulla bocca tra i loro figli, infondendo in essi la speranza.

Furono loro, le donne berlinesi che nell’inverno seguente per poter scaldare, i loro improvvisati alloggi e poter cucinare qualcosa, andarono ad abbattere tutti gli alberi del Tiergarten e della maggior parte dei boschi della città.(In seguito tutte le città tedesche donarono gli alberi per riforestare Berlino) E la Berlino femminile continuò a vivere e a farsi sentire nella Berlino dell’Est negli anni che seguirono. Per evitare di essere accusati di partigianeria non riportiamo cose scritte da giornali o riviste filocomuniste , ma bensì quanto scriveva nel 1975 il nostro Touring Club italiano , nella sua prestigiosa guida “Qui Berlino” :

“-Nelle strade di Berlino-Est non si vedono per lo meno di giorno , donne molto eleganti, eppure numerosi negozi offrono vestiti importati da Italia e Francia che vanno a ruba. Per spiegarlo bisogna svelare il mistero, ricordando che nella DDR vi è la più alta percentuale di donne al mondo che lavorano: il 48 per ogni cento lavoratori ( Oggi, sentire queste cifre nell’Italia che ha la presidenza europea, ci fa pensare di essere , noi all’età della pietra in quanto ad uguaglianza sociale e di genere….) Le donne della Germania dell’Est vanno in fabbrica in ufficio indossando più i calzoni che la gonna , ma nelle feste in famiglia o collettive amano esprimere la loro femminilità con dei vestiti eleganti… A Berlino –Est è molto elevato il numero di medici, ingegneri, avvocati e alti burocrati in gonnella. E vengono esercitati anche da donne alcuni mestieri che in altri paesi rappresentano il monopolio maschile. Vi sono commissioni aziendali formate da sole donne e un terzo dei deputati nazionali e regionali sono donne. Di conseguenza la posizione della donna è molto forte, lo dice tra l’altro il fatto che dieci uomini su cento accettano al momento del matrimonio di prendere il cognome della moglie…nelle pasticcerie, nelle osterie spesso si vedono tavole riservate a sole donne, cioè alle amiche che si danno convegno ogni settimana, sempre nello stesso locale e alla stessa tavola, per il loro (coroncina), l’appuntamento dei pettegolezzi…”-

http://www.pugliantagonista.it/archivio/9n1989_2_trummerfrauen.htm

sabato 8 novembre 2014

A Brindisi , siamo nella merda!

Una rilettura , fin troppo attuale , di un’edizione dell’Eco di Brindisi del novembre 1987.


Frugando nel mio archivio personale rispolvero  una vecchia edizione del giornale di satira politica L’Eco di Brindisi del novembre 1987 che in prima pagina ha un titolo particolarmente “nauseabondo”: Siamo nella Merda!
L’articolo  a firma di Lionello Maci esordisce così:
“-Siamo nella merda.Non solo perché cinquanta reti fognarie vomitano in continuazione la merda di novantamila cittadini nelle acque del porto. Non solo perché in due giorni di raccolta sono state trovate diecimila siringhe nelle strade della città e nelle adiacenze delle scuole. Non solo perché Brindisi è perennemente sommersa da tonnellate di rifiuti…Siamo nella merda perché Brindisi manca di una classe politica sana, seria e efficiente…”- a corredare l’articolo una foto a firma di Albanese di una scritta  che un ignoto writer aveva fatto sul muro d’ingresso del palazzo di Città:-“Il Comune esiste perché galleggia in un mare di m…”-


Insomma un’immagine di una città non troppo lontana dall’attuale benchè siano passati ben 27 anni, intanto nel frattempo è caduto il Muro di Berlino,  e dopo  di esso il mondo è tutto sottosopra, ma Brindisi, continua a galleggiare , come un cadavere in putrefazione su un mare di m…. la stessa con la quale oggi si tenti di cancellare l’unica zona naturalistica-protetta degna di nome come Torre Guaceto, scaricando le “acque chiare e fresche “ del depuratore carovignese, ma anche quella che continua a fluire sotto forma di veleni dalle discariche industriali che per quarant’anni hanno impestato il nostro territorio e quelle delle nuove attività similari in funzione o prossime in arrivo.
In quell’edizione  dell’Eco di Brindisi, un altro articolo lanciava un allarme sui motivi sociali e deconomici di una microcriminalità giovanile allora dilagante in città…oggi, tra attentati a sindaci o imprenditori, assassini e rapine in pieno giorno e furti a tappeto in case, tereni, attività commerciali, la situazione non è da meglio, visto il vuoto assoluto nel campo lavorativo e di prospettive del futuro. E per chi prova a ribellarsi e a chiedere a gran voce il diritto della dignità di un lavoro, c’è la risposta pronta:”-Carcere ai disoccupati che protestano e a chi li sostiene!”-

Ieri come oggi,  a Brindisi siamo nella m…


9 novembre 1989
Cade il Muro di Berlino:
Le mie cartoline QSL per  non dimenticare la DDR e radio Berlin International , RBI.(The voice of German Democratic Republic)



25 anni cadeva il Muro ed oggi tutto ciò che si identifica con La Repubblica Democratica Tedesca(la DDR)  è assimilato alla STASI, la polizia segreta tedesca , mentre al contrario , gli sforzi della popolazione della Germania dell'Est per risollevarsi dalla catastrofe a cui Hitler aveva portato questa nazione, sono cancellati con un bieco anticomunismo.

Contro la strategia della mistificazione e della cancellazione della memoria pubblichiamo alcuni ricordi personali: le QSL e i gadget di Radio Berlin International 

Le trasmissioni di Radio Berlin International si ascoltavano in orari prefissati in diverse lingue e per i dilettanti radioamatori SWL (ovvero coloro che con una radio di qualunque dimensione e sensibilità , andavano a caccia delle radio  trasmittenti per inviare loro dei report sulla qualità di ricezione ed avere in cambio una cartolina di conferma), essere iscritti al club degli ascoltatori della radio della DDR  era una cosa ambita. 

Insieme alle cartoline di conferma delle QSL , la Radio Berlin, inviava dei gadget, dei calendari, faceva partecipare a dei concorsi e riuniva nel suo club , inviava un giornale, col quale si era aggiornati ( naturalmente attraverso  il filtro governativo) di quanto avveniva nella DDR e si poteva anche corrispondere con ragazzi e ragazze della DDR, dimostrando come la a passione per la radio e la voglia di comunicare possa rompere qualunque muro




mercoledì 8 ottobre 2014

I 90 anni della Radio in Italia, ricordati attraverso le mie radio d’epoca.


Parte prima
La Telefunken T559



Il 6 ottobre del 1924, iniziò il servizio radiofonico pubblico in Italia. Lo voglio ricordare anch’io quest’avvenimento nelle pagine dell’Archivio Storico Benedetto Petrone, ospitate nel sito di Pugliantagonista.it, e lo voglio fare attraverso le foto delle  tre radio d’epoca  che fanno bella mostra nel mio soggiorno. Non è un caso che ho scelto di conservare questi tre modelli poiché essi mi ricordano alcuni particolari della mia vita e si intrecciano anche a momenti storici del Novecento italiano.
Il primo modello è il Telefunken T559, costruito a Milano dalla succursale della casa tedesca, a cavallo tra il 1938 e il 1939.  Due anni cruciali quelli, in cui c’è la crisi di Monaco e quella cecoslovacca e l’Europa si illude che Hitler, con la sua politica di annessione di territori di lingua germanica, non sia un pericolo per la pace mondiale.
 Chi ha posseduto questa radio quindi potè ascoltare attraverso il suo altoparlante le fasi  cruciali che portarono alla sigla  del patto di acciaio tra Mussolini ed Hitler , lo scatenarsi della seconda guerra mondiale, il coivolgimento dell’Italia ad essa e poi il dramma di una guerra perduta, con i bombardamenti , l’occupazione nazista, la nascita della Resistenza ed infine la Liberazione. Ma non è solo questo il motivo che ho scelto di conservare questa radio,   ma anche per il momento ed il luogo dove l’ho trovata.

Siamo all’aeroporto di Fiumicino, a metà del 1981 e nella fase di trapasso delle strutture militari  a quelle civili  dell’allora nascente azienda autonoma del  controllo del traffico aereo nazionale , oggi ENAV, mi ritrovai poco men che trentenne, ad essere uno dei tecnici civili che presero possesso di un luogo “sui generis”, tra le località che ospitavano apparecchiature di radio assistenza,

Vista la mia esperienza “radiantistica” fui incaricato con un gruppetto di colleghi di iniziare la manutenzione al radiofaro sito  presso l’idroscalo di Ostia e che da qualche giorno era stato abbandonato dai tecnici dell’Aeronautica Militare. I colleghi che già lo avevano ispezionato,  mi anticiparono che sarei rimasto piacevolmente sorpreso del luogo ed infatti fu così: rimasi letteralmente stupefatto.  All’interno di un vasto recinto di alte ed arrugginite reti metalliche,  a cui si accedeva dalla Fiumicino Ostia, attraverso una strada sterrata, tra erbacce e rifiuti,   vi era seminascosta una torre cinquecentesca con accanto un sistema di antenne filari poste  a cerchio.


  Si trattava dell’ NDB di Ostia (OST)  che  con il suo identificativo MORSE era stato il radiofaro utilizzato prima dalla Regia Aeronautica Italiana, poi dai tedeschi dopo l’8 settembre’43, ed infine dagli americani, per poi essere riconsegnato all’AM ed infine dopo la famosa rivolta dei controllori di volo militari, trasferito al nuovo ente del controllo aereo civile AAVTAG. Ho un ricordo vivissimo di quella Torre San Michele, la sua struttura originale,  che poi scoprii era stata addirttura progettata da Michelangelo, che in fatto di architetture militari ne sapeva un bel po! L’ingresso era attraverso una gradinata , un ex ponte levatoio in miniatura ed una porta di accesso sovrastata da un sistema di cascatoie . Da quella porta si accedeva ad una ambiente intermedio in cui ci si ritrovava sotto il tiro di altre feritoie,  a difesa della porta interna , con davanti una botola\trappola. Una volta dentro poi si aveva un sistema di ambienti circolari intorno ad un grande “pozzo –luce dove vi era anche un pozzo per l’acqua.  Entrandovi la sensazione era quella di fare un salto indietro di secoli, e le apparecchiature del Radiofaro ospitate in quegli ambienti sembravano, per la loro vetustà perfettamente a loro agio. Manopole e quadranti luminosi giganteschi, come lo erano poi anche gli chassis , le valvole trasmittenti, così come l’impianto di antenne , dando l’impressione che il tutto fosse un residuo della seconda guerra mondiale. Eppure l’NDB era funzionante anche se bisognevole di una continua manutenzione! Perlustrando gli ambienti mi imbattei in quello che ospitava  i sottufficiali  radio specialisti che avevano avuto in affidamento l’apprecchiatura sino a qualche giorno prima : cataste di televisori sventrati, riviste  e schemari di vecchie radio e tv a valvole facevano comprendere che tra gli uomini in divisa c’era chi si era dilettato alla radiotv riparazione. Continuando l’eplorazione mi calai nel chiostro \ pozzo luce, invaso da edera, erbacce e rottami eletronici e dove alla base di un albero cresciuto in maniera spontanea su cui avevano nidificato una coppia di bellissimi barbagianni, trovai seminascosta una vecchia radio, una Telefunken mod T559.


Quando iniziammo a pulire gli ambienti e venne il momento di gettare la roba inutile , salvai  quella radio dalla demolizione e dopo un’opera di restauro del mobile, con una semplice sostituzione dei condensatori elettrolitici,  del potenziometro del volume su cui era calettato l’interruttore di alimentazione che avevo scoperto difettoso, di una paziente pulizia dei contatti del commutatore di gamma con un bel po’ di alcol isopropilico, la radio, nel mio appartamentino  di Ostia rincominciò a funzionare.


Nelle mie passeggiate intorno al recinto del radiofaro mi imbattei in una specie di lapide, sommersa tra i rifiuti, su un cippo: era quella dedicata a Pier Paolo Pasolini, posta lì sul luogo dove il poeta fu barbaramente assassinato in  quella tragica sera del 1975. Ricordo ancora perfettamente quando una mattina seppi la  notizia della sua morte grazie alla mia radiolina a transistor, modificata,la stessa con la quale avevo ascoltato nell’agosto del 1968, gli ultimi appelli di Radio Praga durante l’invasione russa.  Purtroppo si è dovuto attendere molti anni e l’iniziativa di intellettuali e semplici cittadini affinchè il luogo ospitante  il cippo commemmorativo di Pasolini fosse ripulito, ma ancor oggi proseguono  le azioni di vandalismo contro quel monumento.
Nel frattempo io mi ero trasferito a Brindisi e lo stesso radiofaro, nella versione moderna cambiò residenza mentre  Torre San Michele passò ai Beni culturali e fu restaurata. Di quell’epoca mi rimane questa vecchia cara Telefunken , con il mobile severo, squadrato, dall’interno impolverato, quasi volesse far compagnia ai mie capelli radi ed incanutiti dal tempo ed io rimpiango un epoca in cui il fattore umano, la capacità e l’intuito del riparatore-manutentore rappresentavano il valore aggiunto ai sistemi radioelettronici. Oggi, nell’epoca dello stato supersolido, dove l’intervento  e la ricerca guasti del componente difettoso è scomparsa, sostituita dalla sostituzione  del modulo incriminato, o addirittura del telerilevamento e la possibilità di commutazione automatica\a distanza su apparecchaiture di riserva, la figura del tecnico risulta fortemente ridimensionata. ….Per non sconfortarmi,  quasi  quasi,riaccendo la mia T559,  e  dinanzi alla scala parlanteceh illuminata, magari commutando sulle Onde corte, proverò ad assaporare il gusto di carpire qualche voce proveniente da  migliaia di chilometri, mentre il calore delle valvole si spanderà intorno a me in questo autunno che tra piogge e temporali sembra essere alle porte…


Antonio Camuso

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 7 ottobre 2014

Note: per un’informazione approfondita sui fatti legati alla smilitarizzazione dei controllori di volo consultare il sito:

sabato 4 ottobre 2014

18 luglio 1944, il contributo di Brindisi alla vittoria partigiana di Monte Lavane di 70 anni fa.

18 luglio 1944, il contributo di Brindisi alla vittoria partigiana di Monte Lavane di 70 anni fa.




Ben pochi brindisini sanno del contributo dato dalla loro città alla Resistenza al Nazifascismo. Un vuoto di conoscenza dovuto anche alla segretazione imposta dagli Alleati sui documenti inerenti le attività delle Special Forces operanti dal 1943 al 1945 a Brindisi, nel supporto dei Partigiani .

Solo da una decina di anni quei documenti sono divenuti disponibili ai ricercatori e tra essi scopriamo particolari interessanti sul ruolo avuto dalla Puglia e dalla nostra città nell’aiuto alla guerra partigiana.

18 Luglio 1944 . La vittoria partigiana di Monte Lavane

Quarantasette uomini ed una donna ,Iris Versari, una bella mora, la ventenne fidanzata del mitico capo partigiano Silvio Corbari di Faenza, aspettano in silenzio , sul monte Lavane, nell’Appennino Tosco-emiliano, l’arrivo degli aerei alleati. La tensione è altissima poiché sanno che i tedeschi e i fascisti sono a conoscenza del lancio alleato a causa di un infiltrato, ma quelle armi che stanno per cadere dal cielo sono troppo importanti : ci sono da vendicare i venti compagni persi tra fucilati e deportati del rastrellamento di Tredozio di gennaio e, per questo, nessun rinvio è stato chiesto via radio al Centro brindisino dell’OSS (il servizio segreto USA , l’attuale CIA) .

Un rombo di motori e poi il cielo illuminato dalla luna si riempie di paracadute lanciati dagli Halifax del 1586 squadrone polacco (Special Duty Flight) , di stanza a Brindisi.

Sono 40 quintali di mitragliatrici, mitra Sten, munizioni, bombe a mano, 8 quintali di esplosivo oltre a viveri, medicinali, sigarette. Materiali che sino a poche ore prima erano stoccati nei depositi dei magazzini dell’OSS alla periferia della città di Brindisi e poi, con cura, impilati in lunghi contenitori metallici e in casse blindate, in una catena di montaggio a cui lavorano fianco a fianco operai brindisini, yugoslavi, cechi, ecc sotto la supervisione dei soldati americani.

A terra si lavora in fretta a raccogliere la manna caduta dal cielo, sparsa per un ampia zona. Alle luci dell’alba le pattuglie italotedesche appaiono , ma il partigiano Corbari ha preparato per loro una sorpresa: con una parte dell’esplosivo, appena giunto, ha trasformato un cascinale in una trappola esplosiva che fa strage dei nazifascisti. Per tutto il 18 luglio le Brigate nere e le SS risalgono il crinale del monte attaccando, ma i partigiani di Corbari rispondono dalle loro posizioni utilizzando ampiamente le munizioni appena ricevute da Brindisi.

Alla fine della giornata sono state sparate ottomila cartucce di mitra Sten e seimila di mitragliatrice . Al calar della notte, quando Corbari e i suoi possono finalmente riposarsi, duecento tedeschi e fascisti giacciono morti ed altri centodieci sono feriti. I partigiani caduti sono sei e la bella Iris che ha partecipato allo scontro ha un proiettile in una gamba.

Un’impresa straordinaria che meritò l'elogio del generale Alexander per la banda Corbari trasmesso da radio Londra, qualche giorno dopo e ricordato in un film omonimo del 1970 con Giuliano Gemma. Un successo frutto di un lungo lavoro iniziato molti mesi prima, quando il 16 febbraio 1944, nove italiani divisi in tre squadre , lasciavano il campo di addestramento del servizio Segreto americano OSS di Ostuni e si imbarcavano nel porto di Brindisi sul sommergibile Platino, messo a disposizione dalla Marina Militare Italiana alle operazioni dell’ORI (Organizzazione Resistenza Italiana).

Tra quelle squadre vi era quella comandata da Antonio Farneti un antifascista che dalla sua Romagna, dopo l’8 settembre, in bicicletta aveva attraversato il fronte e giunto a Bari era stato indirizzato da Tommaso Fiore alla nascente base napoletana di reclutamento di agenti speciali da infiltrare alle spalle dei tedeschi. Nella squadra di Farneti, in codice” Raisin”, vi era l’operatore radio Alberto Grimaldi detto Zanco. E’ lui che, insieme a Farneti, dopo lunghe traversie da film di spionaggio, tra retate naziste e tradimenti di delatori, riesce a raggiungere la Banda Corbari, tra le più audaci nella zona tra Forlì e Faenza . Grazie alla radio di Zanco, che tramette come Zella 1 alla base di Brindisi, si riesce a coordinare il fortunoso lancio di aiuti partigiani che permisero quella vittoria memorabile nella storia della Resistenza Italiana. Una storia che come brindisini possiamo esser fieri di aver contribuito .
 

Purtroppo, la storia di Corbari e della pasionaria partigiana Iris, non terminò nel classico lieto fine a cui la cinematografia ed in particolare quella holliwodiana ci hanno abituato e dobbiamo aggiungere che la loro vicenda ha degli aspetti di cui la Repubblica Italiana “nata dalla Resistenza al Fascismo” ha poco di esser fiera.


Iris, che si era unita nel gennaio 1944 alla banda partigiana di Silvio Corbari, legandosi a lui sentimentalmente, condivise con lui anche una tragica fine. All'alba del 18 agosto 1944, in località Ca' Cornio (frazione di Tredozio), la casa in cui lei e Silvio Corbari si erano temporaneamente rifugiati, assieme ad Arturo Spazzoli e Adriano Casadei (praticamente lo stato maggiore della banda), fu accerchiata dalle truppe nazifasciste, informate da una spia.

Iris, immobilizzata a causa della ferita alla gamba, riportata nella battaglia di Monte Lavane, riuscì ad uccidere il primo milite nazifascista che varcò la porta, ma, vista l'impossibilità di muoversi onde non essere di ostacolo alla fuga dei suoi compagni, si suicidò. Purtroppo il suo sacrificio fu vano, Corbari, Spazzoli e Casadei inseguiti ,vennero catturati e uccisi. I loro quattro corpi furono appesi come monito, prima , sotto i portici di Castrocaro Terme e successivamente ad un lampione in piazza Aurelio Saffi a Forlì.
 

Corbari fu catturato per la soffiata di un delatore, un certo Franco Rossi , ex appartenente alla sua formazione, che presentatosi al comandante della brigata repubblichina «IX settembre», Benito Dazzanigli indicò il luogo dov'era nascosto Corbari. Rossi seguì poi la «IX settembre» in Piemonte e quindi in Germania.

Nel dopoguerra Rossi, assieme alla madre e ad altri imputati, tutti latitanti, fu processato dalla Regia Corte d'assise straordinaria di Forlì con l'accusa di collaborazionismo e di attività spionistica a favore dei nazifascisti e condannato in prima istanza a 18 anni. Nel 1947 la Corte di Cassazione annullò senza rinvio la sentenza poiché nelle more del ricorso era sopraggiunta la famosa Amnistia Togliatti che, in nome della pacificazione nazionale, mandò liberi centinaia di torturatori, delatori e massacratori di civili e partigiani.



Antonio Camuso

Socio ANPI BRINDISI

Archivio Storico Benedetto Petrone

Brindisi 18 luglio 2014

mercoledì 1 ottobre 2014

29sett-1 ott 1944 La vittoria partigiana di monte Battaglia e la strage di Marzabotto

29 settembre -1 ottobre 1944:settanta anni fa la vittoria partigiana di Monte Battaglia e la strage di Marzabotto …quando le armi dei partigiani partite da Brindisi, furono distrutte sotto i cingoli dei carri armati americani… http://www.pugliantagonista.it/archivio/monte_battaglia_1944.htm Ogni anno viene ricordata la tragedia della strage di un migliaio di civili perpetrata dalle SS del Maggiore Walter Reder nelle Località di Marzabotto e dintorni. Monte Sole, San Martino, le chiese bruciate, i muri recanti ancora le tracce dei colpi delle mitragliatrici tedesche, sono luoghi che consiglierei a tutti di visitare almeno una volta nella vita onde non dimenticare quanto sangue innocente è costata la nostra libertà. Ma accanto ad essi , il ricordo va anche ad un episodio epico, della Resistenza Italiana , connesso a quella vicenda , ma con aspetti sconcertanti e che videro nel giro di poche ore, gli Alleati, cambiare atteggiamento nei confronti dei partigiani garibaldini , trattati come nemici da disarmare, chiudendoli in campi simili a quelli di concentramento, nonostante che decine di essi avessero sacrificato la vita per conquistare una posizione strategica per l’avanzata Anglo-americana Il luogo Il luogo dello scontro è nelle località dell’appennino Emiliano, denominate Monte Carnevale e Monte Battaglia , a 20 kmt da IMOLA , (e in linea d’aria a soli 40 da Marzabotto), dove per circa una settimana, dal 20 settembre al primo di ottobre, grazie allo sforzo congiunto dei partigiani della 36esima divisione Garibaldi e dei Diavoli Blu della 88esima divisione americana ,si riuscì a conquistare una posizione fondamentale per il possibile sfondamento della Linea Gotica. Fu grazie al coraggio e all’abnegazione di alcune centinaia di partigiani inviati da Bologna e dintorni , che si respinsero gli attacchi dei tedeschi, alla rocca di Monte Battaglia prima , fino all’arrivo degli americani e poi, insieme a loro, resistere fino all’esaurimento delle munizioni, sino a quando , artiglieria, aerei e l’arrivo di rinforzi inglesi permisero di dichiarare vinta l’operazione di conquista di Monte Battaglia. Con essa si fu ad un soffio di cambiare la storia della nostra Italia, ovvero far terminare l’occupazione tedesca con 9 mesi di anticipo e tanti lutti e sofferenze in meno, ma… Il contesto Il contesto in cui i fatti si svolsero è quello della fine estate del 1944, dove l’avanzata della V Armata americana e degli inglesi della VIII era giunta alle porte di Bologna e grazie alle informazioni ricevute dalla struttura del Servizio segreto Americano in contatto con le unità di collegamento alleate tra i partigiani italiani, giunse l’informazione che vi era la possibilità di sfondare le linee tedesche nella località di Monte Battaglia e condurre un’operazione di aggiramento che ben presto avrebbe condotto ad una precipitosa ritirata delle divisioni tedesche schierate in pianura dinanzi all’VIII armata inglese tra Imola e Ravenna In quello scontro epico contro le migliori truppe d’assalto che i tedeschi avevano a disposizione e che costarono centinaia di morti tra gli americani e i partigiani , ritrovatisi insieme a respingere vincenti gli assalti tedeschi , a far da elemento qualificante nelle capacità offensive partigiane furono le armi inviate , dall’OSS americano, con il supporto dell’aviazione inglese di stanza nell’aereoporto di Brindisi. Le armi Armi che a Brindisi erano state accuratamente selezionate , impilate nei classici contenitori cilindrici, muniti di paracadute e lanciate dagli aerei inglesi, in gran parte pilotati da equipaggi polacchi, di stanza nell’aeroporto di Brindisi, lanciate, nei punti di raccolta indicati dalle missioni di cordinamento Alleati-Resistenza , presenti sul territorio occupato dai nazifascisti. Uno sforzo di supporto logistico che era durato mesi , permettendo alla Resistenza dell’Emilia Romagna , con comando a Bologna di dotarsi di una forza tale di pensare di aiutare l’avanzata Alleata sulla città , non solo con le solite azioni di guerriglia e sabotaggio ma anche con un ‘azione degna di un esercito convenzionale. Considerazioni finali ed amari retroscena. La perdita di Monte Battaglia portò il panico nei comandi tedeschi e si rischiò di abbandonare la linea Gotica e ritirarsi prima dietro il Po, e poi sull’Adige abbandonando l’intera Italia settentrionale. Lo stesso generale Von Vietinghoff, quello che era quasi riuscito a respingere gli Alleati a Salerno , lanciò un proclama disperato alle truppe tedesche , affinchè il fronte italiano non cedesse , mettendo in grave pericolo la Germania. Ma più che il fanatismo delle sue truppe valse la considerazione da parte Alleata, di non sacrificare altre vite americane per accellerare la liberazione del Nord, in quel piovoso autunno, con l’inverno alle porte, e di fatto si preferì svernare sulle posizioni acquisite , con il generale Alexander che lanciò il famoso invito ai partigiani italiani di tornare a casa per l’inverno e farsi rivedere su richiesta in primavera. La vittoria di Monte Battaglia si risolse quindi solo con l’aver “regalato” agli Alleati una bella posizione dominante l’Appennino, ma che ebbe conseguenze drammatiche e in alcuni aspetti paradossali: 1) La Resistenza emiliana con il suo Comando Unificato (C.U.M.E.R.) sacrificarono i loro migliori uomini e le migliori armi, indebolendo quel versante di Appennino che poche ore dopo, o meglio nelle stesse ore in cui lo scontro su Monte Battaglia si faceva più cruento, fu teatro di una feroce operazione di rastrellamento delle SS comandate dal maggiore Walter Reder, con la conseguente strage di Marzabotto. Un’operazione antiguerriglia dei nazisti volta a far terra bruciata delle popolazioni che appoggiavano le formazioni partigiane operanti immediatamente alle spalle della Linea Gotica e quindi estremamente pericolose perla sicurezza dei movimenti delle unità tedesche, vedi appunto il caso di Monte Battaglia. 2) Gli stremati e vittoriosi uomini della 36 divisione Garibaldi , dopo aver esaurito tutte le munizioni a disposizione , nell’ultimo respingimento dell’assalto nazista, furono invitati ad andare nelle retrovie americane onde poter rifocillarsi. Carichi di machine pistole strappate ai tedeschi e mitra Sten ricevuti per via aerea da Brindisi, si avviarono verso il più vicino punto di raccolta logistico americano, ma giunti lì furono “fermamente invitati” a consegnare tutte le armi, proprio quelle che avevano regalato agli americani la vittoria di monte Battaglia, comprese quelle inviate dai depositi dei servizi segreti americani di Brindisi. Sotto i loro occhi esse, furono ammucchiate per terra e distrutte sotto i cingoli di un carro armato a stelle e strisce . La vicenda divenne ancor più amara quando i garibaldini inviati in un “campo di raccolta”, per un bel po’ dovettero dormire per terra, senza pagliericci, materassi o coperte per ripararsi e per mangiare mezza razione di rancio americano, trattamento equivalente se non peggiore riservato ai prigionieri tedeschi. Sulla vittoria partigiana di Monte Battaglia calò la censura Alleata, e non comparve nei bollettini militari alleati. Troppo pericoloso far sapere che in Italia era possibile una sconfitta del nazifascismo grazie all’apporto determinante se non decisivo della Resistenza!!!Gli Alleati volevano mantenere ben chiaro che erano loro i vincitori e ed essi avrebbero deciso del futuro del nostro Paese! Le armi vittoriose di Monte Battaglia come quelle, poi, dell’insurrezione del 25 aprile 45, se non prontamente sequestrate e distrutte, avrebbero potuto essere troppo pericolose in un futuro in cui quegli stessi partigiani si sarebbero impegnati nella lotta politica, col rischio che a vincere le elezioni fossero i comunisti e gli Alleati fossero stati costretti ad intervenire , come già stavano approntandosi a fare in Grecia contro gli exalleati partigiani dell’ELAS. Così, tra stragi nazifasciste di civili dietro la Linea Gotica e stragi di partigiani comunisti ribelli nella Grecia appena liberata dai nazisti, la nostra Europa si preparava già alla nuova guerra, quella dei blocchi contrapposti, la Guerra Fredda e l’incubo dell’olocausto nucleare e la cortina di Ferro a sostituire la Linea Gotica. Ma la storia si ripete e Linee e Muri continuano a perseguitarci ancor oggi e in u n paradossale gioco delle parti amici , alleati e nemici si cambiano di ruolo continuamente vedi i disastri provocati dalle guerre in Iraq, Afghanistan, Siria, Libia, Exyugoslavia, ecc e a patire son sempre i civili … Antonio Camuso Archivio Storico Benedetto Petrone Brindisi 1 ottobre 2014 , 70 anni dopo. Riferimenti 1)Peter Tompkins- L’altra Resistenza. Ed Il Saggiatore pag-229-231 2)Sito web Le storie dimenticate-pagina web Monte Battaglia Val di Senio: testimonianza del partigiano Cosimo Resta della 36esima Divisione Garibaldi) 3) Sito web montebattaglia.it/guerra/monteconteso